Venticinque anni di reclusione per Adriano Casella, accusato dell'omicidio del padre Francesco; un anno e 4 mesi alla sorella Isabella per occultamento di cadavere.
Si è conclusa con queste richieste la requisitoria-fiume (durata sette ore) dei pubblici ministri Antonio Colonna e Ornella Chicca nel processo davanti alla Corte d'Assise per l'omicidio avvenuto a Sariano di Gropparello il 7 luglio 2013. "Adriano Casella ha ucciso il padre con un colpo alla testa nella cucina di casa. Una ricostruzione che trova pieni riscontri in tutti gli accertamenti svolti nel corso delle indagini. E' lui l'unico responsabile dell'omicidio". Colonna, che a inizio processo aveva parlato del parricidio come del peggiore dei crimini, ha ricostruito capillarmente l'andamento delle indagini: gli spostamenti, le telefonate di Adriano avvenute nei giorni precedenti e seguenti l'omicidio, le fasi del ritrovamento del cadavere; insistendo soprattutto sulle confessioni di Adriano fatte negli interrogatori davanti al piemme (19 luglio) e davanti al gip (22 luglio); la collega Chicca ha completato il quadro con la ricostruzione della realtà famigliare e degli stili di vita assai frugali condotti dalla famiglia Casella e dal giovane Adriano. Almeno fino alla comparsa, nel febbraio di quell'anno, della figura della prostituta albanese Suada Zylyfi. Un ingresso sulla scena che sconquassa l'esistenza dell'imputato, descritto dalla pubblica accusa come un "soggetto facilmente manipolabile da persone di sesso femminile". La procura ha spiegato come da quella relazione i due avevano aspettative decisamente diverse: Adriano, genuinamente alla ricerca di una compagna e del coronamento del sogno di formarsi una famiglia, si innamora. Suada, donna "molto astuta tanto da essere alla guida di una banda dedita allo sfruttamento della prostituzione", che intuisce come Adriano possa essere la persona giusta da cui ottenere denaro. Tanto denaro (di cui è stata fatta una fitta ricostruzione delle movimentazioni bancarie intercorse tra lui e Suada). Ne giustificava la necessità con problemi di salute e con la paura delle minacce degli sfruttatori. "La sete di denaro di Suada era infinita, continuava a chiederne". E Adriano continuava a darne, fino all'esaurimento. Fino a quando la presenza del padre Francesco, uomo parsimonioso e gran lavoratore, era diventata "un ostacolo alle sue intenzioni di accontentare l'innamorata". Un ostacolo in particolare alla trattativa che aveva portato avanti il figlio con un privato per la vendita degli attrezzi del padre, dei quali quest'ultimo era gelosissimo. Questo per la procura il movente dell'omicidio. Dopo averlo meditato durante la notte, Adriano avrebbe ammazzato il padre Francesco verosimilmente la mattina del 7 agosto nella cucina di casa. Un colpo inferto alla testa con una pistola ammazza-buoi. Poi nei giorni e nelle settimane successive "i tentativi continui da parte dell'imputato di depistare le indagini senza alcun timore". La parziale incapacità di volere costituisce per la procura solo una parziale attenuante. La richiesta alla Corte presieduta dal giudice Italo Ghitti (a latere Massimo Boselli) è stata di 25 anni per omicidio aggravato. Per la sorella Isabella – che lo avrebbe aiutato a nascondere il cadavere, ma che ha saputo solo all'ultimo che ad uccidere il padre era stato il fratello – chiesto un anno e quattro mesi di reclusione (chiesta l'assoluzione per un capo d'imputazione riguardante il falso). Il processo proseguirà mertedì primo dicembre con l'arringa delle difese e della parte civile.