E’ saltata la trattativa lombarda sul prezzo del latte con il gruppo Italatte e che rappresenta un punto di riferimento anche per le altre regioni italiane, visto che la Lombardia con 4 milioni di tonnellate produce il 40 per cento circa di tutto il latte italiano.
“L’annuncio della rottura del tavolo, afferma Fabio Minardi, presidente dell’Associazione Piacentina Latte, rappresenta un segnale importante di rispetto nei confronti degli allevatori che non possono più lavorare a queste condizioni. Constatata l’impossibilità di raggiungere un’intesa su un livello di prezzo soddisfacente, i produttori hanno così deciso di abbandonare il tavolo, rompendo una trattativa in cui non si intravede alcuna possibilità di soluzione positiva.”
“Non è corretto, prosegue Minardi, proporre un prezzo palesemente al di sotto dei costi di produzione, che a Piacenza dopo un attento lavoro di ristrutturazione ed efficientamento del processo produttivo si assestano intorno ai 40 centesimi al litro. Sostanzialmente significa chiedere alle 250 aziende Piacentine di sopportare una perdita secca mettendo a rischio la sopravvivenza del sistema produttivo.” Si perché gli animali producono quotidianamente ed il latte non può essere stoccato, ma va ritirato ogni giorno; gli allevatori non possono essere costretti ad accettare condizioni contrattuali di questo tipo.
“Comprendiamo le difficoltà che si stanno verificando sul mercato dei trasformati, aggiunge Luigi Bisi presidente Coldiretti Piacenza, ma questa situazione non deve essere cavalcata per chiedere alla parte agricola di annullare il già compresso margine. In questo contesto si rende necessario richiamare anche l’attenzione dell’opinione pubblica che, se vuole continuare a mangiare prodotti di qualità fatti con latte italiano, deve far sentire la propria voce. E’ necessario riconoscere il giusto reddito al primo anello della filiera, senza il quale il meglio dei nostri prodotti verrebbero fatti con latte in polvere e cagliate provenienti da altri paesi. Paesi che non garantiscono il nostro stesso livello di salubrità e che non aspettano altro che entrare in un mercato che già copiano e storpiano con l’Italian Sounding e la contraffazione. Auspichiamo dunque il necessario intervento delle istituzioni su questa grave situazione che coinvolge attualmente il comparto latte e che mette a rischio la sopravvivenza stessa di numerosi allevamenti.”
LATTE: STERILIZZARE L’EFFETTO SPLAFONAMENTO PER GLI ULTIMI MESI DI QUOTE
La sezione di prodotto di Confagricoltura Piacenza: sul latte tempesta perfetta
Confagricoltura Piacenza ha convocato, l’11 novembre, la Sezione di Prodotto Lattero-casearia per fare il punto sulla grave situazione che il comparto sta affrontando. Nei giorni scorsi il Ministero delle politiche agricole ha diramato una nota nella quale si comunicano i dati relativi alla raccolta di latte nel periodo aprile-agosto 2014 registrati da AGEA che evidenziano un aumento di 3,73% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dato l’alto rischio di sforamento della quota nazionale e le conseguenti eventuali pesanti ripercussioni, il Ministero sollecita gli allevatori a contenere al massimo la produzione nei mesi rimanenti della campagna in corso. “Sul nostro settore si sta abbattendo una tempesta perfetta” – sottolinea Filippo Gasparini, presidente della Sezione Lattiero-Casearia e vicepresidente di Confagricoltura Piacenza. “Il 31 marzo – prosegue Gasparini – finirà il regime delle quote relativamente al quale si pensava ad un atterraggio morbido che, tuttavia, la situazione attuale non consente: il concreto rischio di splafonare si assomma con le incertezze dovute agli ultimi mesi del regime, con le quotazioni in picchiata del latte, con le penalità previste dal Consorzio di produzione del Grana Padano sulle forme di formaggio eccedenti rispetto ai quantitativi assegnati ai singoli caseifici. Il comparto è in piena emergenza”. A fronte di questa grave situazione, farraginose norme ambientali e veterinarie non tengono in alcun conto la contingenza gravando ulteriormente sugli allevatori: l’anello debole della filiera su cui si scaricano frizioni di mercato, inefficienze di tutto il sistema ed oneri burocratici. “In questo momento bisogna avere il coraggio di amministrare un comparto che invece non si sta amministrando. Senza una vera politica di settore – rimarca Gasparini – tutte le diseconomie finiscono, come sempre, sui produttori che si trovano ad andare alla ricerca di quote da affittare, quando le quote dopodomani non ci saranno più. Tanto vale prenderne atto. Le quote dovevano essere una misura di intervento sul prezzo del latte il cui effetto, tuttavia, negli ultimi mesi sarà azzerato generando solo il problema finanziario di pagare gli affitti e le possibili multe. Per questo motivo – conclude Gasparini – la nostra proposta è quella analoga a quanto presentato anche da altri paesi Europei che versano nella nostra situazione (la Germania chiede una modifica dei parametri di tenore in grasso), di sterilizzare, negli ultimi tre mesi di regime, l’effetto del più che probabile splafonamento azzerando le penalità, peraltro introdotte a tutela di un sistema che, di fatto, è già stato decretato decaduto dalla situazione di mercato in cui siamo oggi. In questo momento, inoltre, chiedere alle stalle di ridurre la produzione significa non coprire i costi fissi”.