La presa di posizione è forte e in controtendenza con il clima che si respira nel Paese: "Senza gli stranieri chiuderemmo domani mattina”. A sostenerla Coldiretti, che anche a livello locale torna a ribadire l’importanza della mano d’opera non italiana per la sopravvivenza delle arttività in agricoltura. Non solo, perché il presidente dell’associazione piacentina, Luigi Bisi, si è spinto oltre: “Mi sento di rilanciare, rispetto ai dati emersi a livello regionale. Anche perché alcuni mestieri, come il mungitore per la lavorazione del latte e gran parte della trasformazione del pomodoro, pilastri portanti per Piacenza e provincia, o addirittura l’intera raccolta dell’uva, si basano sui cittadini stranieri. E qui però, devo fare una critica agli italiani – ha aggiunto Bisi – che certi mestieri non vogliono più farli. Per questo dico: per fortuna ci sono questi agricoltori stranieri e, in più, lancio un appello a chi è in cerca di occupazione. In periodo di crisi l’agricoltura può essere un serbatoio di lavoro, purché si sia pronti a rimboccarsi le maniche”.
Parole forti e che certo non seguono l’onda lunga degli slogan che riecheggiano dalla politica. Perché gli agricoltori, ancor prima delle ideologie, sembrano interessati a mantenere in vita le proprie aziende in un momento mai così nero per l’economia. E l’iniezione di forze fresche, rappresentate in questo caso dai cittadini extracomunitari, sembra rappresentare un'ancora di salvezza: “Da anni diciamo che sono una risorsa indispensabile e ci fa piacere offrire loro occupazione – ha sottolineato il presidente di Coldiretti Piacenza -. Si fa un gran parlare del tema dell’immigrazione. Bene, se alcuni delinquono, molti vengono a lavorare nelle campagne. Lo ribadisco: è difficile immaginare di mandare avanti le nostre aziende senza di loro e quindi sono una vero valore aggiunto per il settore agricolo piacentino”.
I dati: nei campi dell'Emilia-Romagna lavorano oltre 38mila stranieri. I dati sono di Coldiretti Emilia-Romagna. Nel dettaglio, il numero di lavoratori stranieri è di 38mila e 788 unità, un lavoratore su tre. In testa alla classifica dei Paesi di provenienza (139), la Romania con 11mila 132 lavoratori, seguita da Marocco, Albania, India, Polonia, Bulgaria e Tunisia. E così i lavoratori stranieri, ha osservato Coldiretti "rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare".