Si inaugura sabato 1 novembre 2014 alle ore 21, in centro a Piacenza, presso il complesso architettonico museale “Ricci Oddi”, in via San Siro, 13, il secondo ciclo di mostre del “Piacenza Art Festival”. Contestualmente va in scena il secondo spettacolo. Il Festival è organizzato da Zamenhof Art di Milano, in collaborazione con l’Associazione piacentina Amici dell’Arte, e con il Patrocinio del Comune e della Provincia di Piacenza. Tutto a ingresso libero.
Le mostre sono visitabili fino al 13 novembre, dal martedì al sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Nelle ampie sale della sede della storica associazione degli “Amici dell’Arte” saranno allestite e inaugurate sabato 1 novembre due mostre parallele: la collettiva tematica intitolata “La Ruggine e la Luce” e la personale di Vito Carta intitolata “Illusioni di una memoria infedele”, entrambe a cura di Virgilio Patarini. Per l’occasione andrà inoltre in scena il monologo teatrale “Come la neve di primavera”, che vede protagonista l’attrice Vittoria Triglione. Il testo teatrale è stato scritto dal giornalista ferrarese Michele Govoni ed è diretto dallo stesso Patarini, curatore del Festival e in questa occasione nella triplice veste di curatore, regista e pittore; presenti infatti nella mostra “La Ruggine e la Luce” alcune sue opere pittoriche tratte dal ciclo “Le nebbie della memoria”.
Ed è proprio il rapporto ambiguo tra memoria e immaginazione, tra realtà e finzione -in una sorta di gioco di specchi al tempo stesso spiazzante e illuminante- il tema cruciale di tutti e tre gli eventi concomitanti (le due mostre e lo spettacolo).
Nella mostra personale di Vito Carta tale rapporto ambivalente è esplicitato fin dal titolo: “Illusioni di una memoria infedele”. E infatti le opere in esposizione, in bilico tra fotografia, pittura e opera digitale, ci mostrano personaggi e paesaggi deformati da una memoria inquieta e immaginifica, dove labile è il confine tra realtà e invenzione.
Nella mostra collettiva “La Ruggine e la Luce” il tema della memoria è sviluppato in tre direzioni: da una parte la rievocazione di immagini, fotogrammi di una memoria labile, sul punto di scomparire o al contrario di riaffiorare (Belloni, Boscolo, Cuman, Meloni, Morozzi, Patarini, Profeta, Zelenkevich); dall’altra una memoria dei materiali, degli oggetti (Carrera, Marin, Panozzo, Stramacchia, Zangrossi); e infine una memoria della sola luce, dell’atmosfera, dell’aura di ciò che è accaduto (Accorsi, Angelini, Boldrini, Facchinetti). Qui l’ambiguità è tutta giocata tra memoria (la Luce) e oblìo (la Ruggine).
Nel monologo teatrale invece l’ambiguità è tra finzione e realtà: la donna sulla scena rievoca, racconta la sua tragica storia. Ma si tratta di memoria o di invenzione? Finzione o realtà? Vita o Teatro? Il colpo di scena finale svelerà l’arcano.