Ci risiamo. Ormai quasi non passa giorno senza che il triste fenomeno del bullismo giovanile faccia parlare sé. Mancano pochi minuti alle 8 e siamo al Cheope, in via IV Novembre, dove ogni mattina scendono centinaia di studenti provenienti dalla nostra provincia e diretti negli istituti scolastici cittadini. Dalla corriera scende anche Giovanni (nome di fantasia) che, insieme a un amico, imbocca la galleria del Cheope diretto alla sua scuola. Ha in mano il telefono cellulare e sta scrivendo forse un messaggio quando, da dietro, qualcuno glielo sfila dalle mani con modi bruschi. Giovanni si volta, di fronte ha un ragazzo coetaneo che forse conosce di vista e che con aria da sbruffone fa passare il cellulare appena sottratto ad alcuni suoi amici. “Per favore ridammi il telefono” chiede Giovanni. “Quale telefono?” gli risponde l’interlocutore con aria di sfida. Passano solo pochi secondi e la giovane vittima riceve un pugno in faccia e subito dopo una gomitata sul collo. Impietrito e dolorante, Giovanni non ha la forza di reagire. Vede solo quei 4/5 suoi coetanei che scappano con il suo telefono in mano. Solo per l’intervento di un’amica che fa da mediatrice, poco dopo uno dei ragazzi della banda ricompare e gli restituisce il telefono. Bel gesto, si potrebbe pensare. Se non fosse che la restituzione dell’oggetto rapinato poco prima viene accompagnato da uno schiaffo e da uno sputo. Il ragazzo ha ritrovato il telefono, non certo la serenità d’animo per un evento inaspettato che lo ha ferito intimamente.
Un fatto questo che è stato denunciato alla polizia che ora sta indagando per rintracciare i responsabili di questo nuovo atto di bullismo avvenuto in zona Cheope, dove nel recente passato, di casi simili, ne sono successi purtroppo a iosa. Riusciamo a metterci in contatto con il genitore di Giovanni, amareggiato e preoccupato: “Ci siamo rivolti anche alla scuola di mio figlio per spiegare cosa fosse accaduto. Purtroppo ci siamo sentiti rispondere ‘ma cosa c’entriamo noi? È un fatto successo fuori da scuola’. Ecco, talvolta ci si aspetterebbe una solidarietà diversa, magari un intervento più finalizzato a studiare metodi preventivi di concerto con le istituzioni”.