Costretta a prostituirsi a 16 anni. “Salvata” da un cliente e dalla polizia

Voleva cambiare vita, allontanarsi da quei genitori che le imponevano amicizie e frequentazioni, addirittura un marito. Si è così ribellata scappando di casa. Ma quelle persone di cui si fidava, che le avevano promesso un futuro in Italia, l’hanno invece condotta nel tunnel della prostituzione. E’ la storia di una giovanissima albanese, solo 16enne all’epoca dei fatti, “salvata” dalla polizia con l’aiuto di un cliente italiano che aveva conosciuto in strada e al quale aveva confidato tutto. I fatti si sono volti all’inizio del 2011 e sono stati riferiti questa mattina (23 settembre) in aula davanti al collegio giudicante (presidente Italo Ghitti, giudici a latere Maurizio Boselli e Gianandrea Bussi) e al piemme Roberto Fontana, dalla stessa vittima degli aguzzini. Alla sbarra un 33enne albanese, accusato di sfruttamento della prostituzione e difeso dall’avvocato Roberta Prampolini, ritenuto uno dei componenti della gang che ha condotto la giovane a Piacenza dopo un periodo trascorso in Grecia. Molto sconvolta durante il racconto, la giovane (oggi ha 19 anni) ha raccontato le sue peripezie spiegando che tutto era iniziato poiché non accettava che i suoi genitori le volessero imporre un marito loro conoscente. “Quella vita non mi piaceva” ha raccontato. E così, pur di scappare, ha affidato la propria vita nelle mani di alcuni conoscenti occasionali che le avevano promesso di farla arrivare in Italia attraverso l’uso di documenti falsi. E così è stato. Dopo varie vicissitudini e un periodo trascorso in Grecia con dei connazionali che avevano iniziato a farla prostituire in alcuni locali notturni, la donna è arrivata a Piacenza con un documento falso. “Non avrei mai voluto prostituirmi, ma era l’unico modo per potermi guadagnare dei soldi e pagarmi i documenti falsi per arrivare in Italia”. Giunta a Piacenza le sue sorti vengono affidate a un connazionale che dapprima le trova un alloggio presso una coppia di conoscenti (anch’essi albanesi) e poi la indirizza subito alla prostituzione nella zona di Montale e della Caorsana. La ragazza si vende in strada tutte le sere. Guadagna anche 500/600 euro a sera che puntualmente vengono consegnate al suo aguzzino. Viene costretta a compiere anche “trasferte” in Veneto, Venezia e Treviso, poiché i suoi controllori temevano “i frequenti controllo che la polizia stava facendo in quel periodo a Piacenza”.

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Passano tre settimane. Tra i vari clienti ne consoce uno del quale inizia a fidarsi. “Gli ho raccontato che volevo scappare da quella vita, non ce la facevo più. Lui mi ha detto che conosceva la polizia e che mi avrebbe consegnata a loro per aiutarmi”. Così è stato. Una sera, grazie all’aiuto dell’uomo, la ragazza viene rintracciata nella zona di piazzale Marconi e viene condotta in questura. Da quel momento racconta tutto agli inquirenti. Il suo incubo ha fine. Viene affidata ai servizi sociali che si prendono cura di lei. Nel frattempo le indagini della Mobile portano all’arresto di un 33enne albanese, uno dei componenti della gang che avrebbe favorito il suo arrivo in Italia.