Festa della Famiglia: dibattiti, sport e arte in città. L’omelia del vescovo

La Grande festa della famiglia si chiude oggi con la solenne celebrazione della messa presieduta dal vescovo di Piacenza e Bobbio monsignor Gianni Ambrosio. Ieri giornata clou della tre giorni dedicata alle tematiche della famiglia in tutte le sue declinazioni organizzata dal Forum delle famiglie di Piacenza e dal Nuovo Giornale. Una giornata che ha visto l'unione tra lo sport, con i più piccoli come protagonisti, e quella che da molti viene ancora ritenuta la base stessa di ogni società e cioè la famiglia tradizionale, formata da un uomo e da una donna uniti in matrimonio. I pulcini della scuola calcio San Giuseppe, gemellata da anni con l'Inter, hanno animato piazza cavalli, poi una camminata per le vie della città alla quale hanno partecipato in tanti; e ancora, mostre d'arte e convegni nel quale si è parlato di perdono e di conflitto nelle dinamiche famigliari. Oggi, dunque, la messa nella basilica di San Francesco con il vescovo Ambrosio di cui pubblichiamo integralmente l'omelia


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Carissime famiglie, carissimi fratelli e sorelle,

1. Ogni celebrazione cristiana inizia e si conclude con il segno della croce, accompagnato dalla professione della fede nel mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito santo. La celebrazione esprime ciò che vuole essere l’intera nostra vita, una vita vissuta con lo sguardo rivolto  al Crocifisso che ci svela il cuore di Dio, il suo mistero di amore. Possiamo dire che il primo e fondamentale segno di croce, che è sempre ricordato da tutti i successivi segni di croce, è stato quello dello stesso Gesù Cristo: egli “si è lasciato inchiodare sulla croce”, stendendo “le braccia fra il cielo e la terra in segno di perenne alleanza”. È questo il grande segno di croce, cui si richiamano i nostri segni di croce.

Al centro della nostra fede cristiana vi è il simbolo della croce. La liturgia della Chiesa ci invita oggi a celebrare l’Esaltazione della Santa Croce per gustare la verità delle parole di Gesù che l’evangelista Giovanni ci ha consegnato: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16). La croce esprime l’amore di Dio per l’umanità, la croce ci dona l’amore di Dio per noi. Il Figlio di Dio che viene messo in croce, con le sue braccia stese e con il suo cuore aperto, è il gesto massimo di amore di Dio Padre per l’umanità: “perché chiunque crede in lui, non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv3,15). Contempliamo il volto santo del Crocifisso, soffermiamoci ai piedi della croce, come Maria e Giovanni: lo sguardo di amore del Crocifisso incrocia il nostro sguardo e penetra in noi, ci sorprende e ci rende capaci di amare come ci ha amato lui: “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

 

2. L’asta verticale della croce va verso il cielo e ci ricorda l’amore del Padre che ci dona il Figlio. L’asta orizzontale su cui si stendono le braccia del Figlio di Dio ci fa partecipi dell’abbraccio di amore di Dio. L’asta conficcata nella terra del Calvario ci dice che nel cuore della nostra umanità Dio stesso, in Gesù Cristo, ha preso su di sé le nostre croci, le croci di ogni uomo. L’Apostolo Paolo nella seconda Lettura ci svela questa verità: Gesù svuotò se stesso, assunse la condizione di servo, divenne simile agli uomini. Tutto questo per amore dell’uomo, di ogni uomo, di me, di te, di tutti. Gesù, il Figlio, ha condiviso la nostra condizione umana fino alla morte per donare a noi la vita divina: “Dio lo esaltò”, “Gesù è il Signore” e il mondo è salvato per mezzo di lui.

Contemplando il Crocifisso, sostando ai piedi della croce, siamo resi capaci di far fronte alle croci dell’umanità, alle nostre croci che hanno  nomi e volti diversi: le malattie del corpo e dello spirito, le molte fragilità che stanno segnando le relazioni tra gli uomini di oggi, in particolare le relazioni di amore tra uomo e donna, le diverse forme di disagio sociale, i focolai di guerra che si accendono dalla sera alla mattina, sempre più assurdi, come ci ricordava ieri Papa Francesco. 

Ai piedi della croce, siamo resi capaci anche di comprendere che la “follia della croce” (cfr. 1 Cor, 17-31) è ciò di cui abbiamo un urgente bisogno. Perché è la follia dell’amore che non mette al centro se stesso, il proprio io, il proprio egoismo ed interesse. L’amore che salva è l’amore si dona: questa è la follia della croce, questa è la via che salva. 

 

3. Cari amici, con la grande festa della Famiglia, ancora una volta avete voluto dire a voi stessi in primo luogo e poi a tutti, sulla pubblica piazza, che questa strada della vita e dell’amore parte dalla famiglia e si esprime nella famiglia. Avete ricordato la parole di Papa Francesco: “oggi la famiglia è fortemente penalizzata da una cultura che privilegia i diritti individuali e trasmette una logica del provvisorio”. Voi avete accolto l’invito di Papa Francesco (19 maggio scorso) e lo avete fatto risuonare alle nostre orecchie: “Fatevi voce convinta di quella che è la prima cellula di ogni società. Testimoniatene la centralità e la bellezza”. Vi ringrazio di cuore di tutto questo. Ricordiamo tutti e ricordiamo sempre che la famiglia è il “luogo primario di umanizzazione della persona e della società”, come aveva affermato Papa Benedetto XVI (Messaggio per la Giornata mondiale per la Pace, 1 gennaio del 2008. n. 2). La comunità umana, per continuare ad essere umana e per crescere in umanità, non può in modo alcuno prescindere dal servizio svolto dalla famiglia, “culla della vita e dell’amore” (n. 4). Il futuro dell’umanità richiede che tutti riflettano sulla verità della persona umana e quindi sulla verità della famiglia come bene insostituibile, come autentica cattedra dell’amore, di quell’amore che il Crocifisso ci svela e ci dona. Grazie, care famiglie, grazie per il coraggio con cui vivete la vita della famiglia, con cui annunciate i valori della famiglia e li testimoniate, accettando, con coraggiosa semplicità, una delle sfide principali non solo per il presente ma anche per il futuro della nostra città e del nostro Paese.

Celebriamo con fede la santa Eucaristia, il memoriale della passione e della risurrezione del Signore che attualizza nel sacramento l’unico sacrificio di Cristo Salvatore e accogliamo con gioia l’amore di Cristo che sulla croce ci dona l’amore che ci salva. Amen.

 

                                                                                                     †Gianni Ambrosio

                                                                                              Vescovo di Piacenza-Bobbio