Don Vittorione, dopo vent’anni rivive l’anima del fondatore di Africa Mission

 A vent’anni dalla morte del suo fondatore, della sua anima, della sua guida sicura il movimento Africa Mission prosegue il suo incontro con l’Africa. Lo fa senza sosta, continuando instancabilmente a credere, così come don Vittorio Pastori aveva gridato a gran voce nelle chiese d’Italia per tutto il corso della sua vita, che la differenza la fanno le persone.

Radio Sound

E la differenza don Pastori, per molti don Vittorione per via della consistente mole (240 chili), l’aveva fatta. Prima di dover lasciare per sempre, il 2 settembre 1994, il Paese che lo ha cresciuto, l’Italia, e il Paese che lo ha accolto, l’Africa.
Vittorio Pastori nacque a Varese il 15 aprile 1926. Durante l’adolescenza crebbe così tanto da diventare obeso ma questo non gli fece perdere la sua naturale creatività e il gusto per la vita. Il suo sogno nel cassetto, fin da bambino, era quello di diventare chierichetto e la chiesa e l’oratorio erano ben presto diventati la sua seconda casa. Terminate le scuole medie, Vittorio cercò un impiego per andare incontro alle esigenze economiche dei genitori non mancando mai di trascorrere tutto il tempo libero in parrocchia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Vittorio entrò a far parte di un’organizzazione clandestina che si occupava di espatriare in Svizzera ebrei e fuggitivi fino a quando nel 1944 fu costretto egli stesso a varcare il confine per sfuggire alla pressione nazi-fascista. A conflitto terminato Vittorio non riuscì a tornare immediatamente in patria ma a pochi mesi dall’aprile del 1945 potè finalmente riabbracciare la sua famiglia. 
Nei primi anni Cinquanta Vittorio aprì un ristorante nella sua città, una fiorente attività commerciale divenne presto uno dei locali tipici più famosi della Lombardia e che lo tenne occupato per ben 15 anni. Il punto di svolta nella vita di Vittorio fu l’incontro con un prete, don Enrico Manfredini, parroco di San Vittore, che gli affidò vari compiti amministrativi. Quando nel 1969 Manfredini divenne vescovo di Piacenza invitò Vittorio a seguirlo per curare l’amministrazione finanziaria della residenza vescovile, del seminario e di tutte le istituzioni diocesane. Insieme decisero di fare un viaggio in Africa. Visitarono l’Uganda, il Kenia, la Tanzania e altre terre appartenenti all’area Sub-Sahariana e rimasero colpiti dalla realtà che si disegnava di fronte ai loro occhi e impressionati dal lavoro della chiesa Cattolica e dei suoi missionari. Una volta a casa Vittorio e monsignor Manfredini decisero di fare qualcosa immediatamente. Perché, come soleva ripetere don Vittorione negli anni a seguire, “Chi ha fame ha fame subito”. La prima idea fu quella di dare l’opportunità a più gente possibile di vedere quello che stava succedendo laggiù: “Solamente vedendo coi propri occhi le persone possono capire certe situazioni”. Vittorio fondò così Africa Mission. 
L’impegno missionario si consolidò dando origine a continui viaggi in Uganda per trasportare molti container carichi di beni. Nel 1982 Vittorio fondò il ramo tecnico operativo dell’organizzazione, l’Ong Cooperazione e Sviluppo che si insediò in due centri indipendenti a Kampala, la capitale, e a Moroto, il lontano distaccamento nel Karamoja. Con l’aiuto dell’allora ministro degli Esteri Giulio Andreotti e grazie all’impatto mediatico che la sua figura otteneva sul piccolo schermo (gli appelli agli italiani per portare aiuti concreti ai Paesi africani sono stati accolti e rilanciati in quel periodo da volti noti della tivù come Raffaella Carrà, Enzo Tortora e  Mike Bongiorno), Pastori riuscì ad accendere i riflettori sul dramma africano, divenendo a suo modo una celebrità. Nel corso della sua vita Vittorio incontrò anche Madre Teresa e Giovanni Paolo II.

Il 15 settembre 1984 Vittorio Pastori, a coronamento del sogno di una vita, fu ordinato sacerdote per iniziativa del vescovo di Gulu (Uganda) e continuò a portare avanti la sua missione a favore degli affamati e degli emarginati. Alternò lunghi periodi in Africa ad altri periodi in Italia, nei quali incontrò comunità, parrocchie, gruppi, associazioni in modo da sollecitare aiuto. 
“Vittorio che era stato ferito seriamente in un attentato ed era gravemente ammalato – ricorda la parrocchia San Bartolomeo di Sestri Levante – continuava a rischiare la vita per i suoi ‘neretti’, come era solito chiamarli. La passione che trapelava dalle sue parole per la causa dei poveri unita ad una straordinaria capacità organizzativa gli permettevano di superare difficoltà ed ostacoli”.
“Ho impresso nella mente il suo profilo – ricordava Padre John Toninelli – mentre cuoceva pentoloni di risotto nei villaggi, circondato dai bambini che avevano fame ed erano incuriositi da quel signore così robusto e bonario, che loro giudicavano un vero uomo proprio per la sua imponenza fisica. Non c’era diffidenza nei suoi confronti perché tutti avevano capito, ben presto, che il suo scopo era unicamente quello di fare del bene. Quando lo vidi per la prima volta, io stesso percepii in lui il carisma del Missionario, il cuore aperto e sensibile alle necessità dei più deboli”. “Rimase nella mia mente – scriveva il missionario Padre Lorenzo Carraro – come un uomo straordinario, altruista che unì la sua eccezionale capacità di organizzazione all’amore ingenuo per il suo sacerdozio”. “La sua – ricordava il missionario Piero Gheddo – è una vocazione speciale, quella del viaggiatore che stabilisce un ponte fra l’opulenza italiana e la povertà. Ha anche capito che uno dei problemi fondamentali del nostro tempo è proprio il rapporto fra i paesi dell’opulenza e i paesi poveri”. “Fratello Vittorio – scriveva infine don Giosy Cento – torna a gridare da pazzo, facendo venire i brividi alla pelle del cuore dei giovani. Fai tremare i vetri delle chiese, dei teatri e delle piazze. Che non sia poesia, ma una eredità che ci prendiamo: di scendere in piazza con e per i poveri più poveri insieme a te”.
Il 2 settembre 1994, dopo un lungo periodo in ospedale, don Vittorio Pastori morì a Piacenza. Quello stesso anno aveva completato il suo 147esimo viaggio in Uganda.          

“Dopo anni di esperienza per le vie dell’Africa  – diceva don Vittorio in uno dei suoi viaggi nelle  parrocchie italiane – posso confermare che i poveri del mondo diventano sempre più poveri. L’Africa manca di cose indispensabili alla vita. La carità è l’essenza del cristianesimo, bisogna agire e fare dei passi: così si assapora la bellezza del dono. Il nostro cuore non deve essere di pietra ma caldo, vivo. Guai ai preti che si accostano agli altari con le mani sporche”. Quindi l’immancabile pensiero ai giovani. “I giovani devono diventare cittadini del mondo e sperimentare la carità. Sono loro a poter cambiare il mondo, un mondo più nuovo, più giusto e più umano per assistere la povera gente”. 

E proprio per i giovani e con i giovani, quasi per non lasciare cadere nel vuoto l’accorato appello del sacerdote missionario, si rinnova oggi l’impegno di Africa Mission a vent’anni dalla scomparsa di don Vittorio. “La prima preoccupazione del Movimento – spiega don Maurizio Noberini, presidente di Africa Mission – è quella di non tradire la consegna di don Vittorio, il suo volto, la sua personalità. L’opera di don Vittorio ha una sua identità e una sua profondità che non devono in nessun modo essere tradite. L’impegno di Africa Mission, oggi nel 2014, non si esaurisce quindi in una semplice raccolta fondi o nella distribuzione di aiuti: trova piuttosto il suo senso autentico nella missione. Don Vittorio ha sempre invitato i fedeli a rimboccarsi le maniche, a verificare di persona cosa c’è oltre i confini italiani”.
“Da un po’ di anni  – continua don Noberini – al vertice del Movimento ci sono un sacerdote e un laico: due presidenti, due anime che insieme portano avanti lo spirito missionario originale. La formazione e il coinvolgimento delle persone sono oggi i pilastri fondamentali di Africa Mission: occorre mettere in moto le persone non la merce. Occorre pensare alle vite degli altri. L’eredità di don Vittorio è pesante e impegnativa ma l’attività del Movimento non si è mai spenta anzi è cresciuta con progetti, nuove presenze, iniziative: l’evoluzione che c’è stata è senza dubbio positiva”. Infine un pensiero attento ai giovani. “I giovani hanno in sé la predisposizione alla mondialità: è un dono su cui bisogna continuare a lavorare”.
Per ricordare la vicenda umana e cristiana di questo “innamorato della vita”, “Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo” ha realizzato un film-documentario, intitolato appunto “Africa Mission”.
Il film è stato girato dal regista Tomaso Pessina, che si è recato in Uganda sulle tracce di don Vittorio, per cercare oggi, a distanza di 20 anni, la sua presenza in mezzo alla gente dei villaggi, in quella terra, il Karamoja, che aveva tanto amato. Il film rappresenta un tributo a chi, a venti anni di distanza dalla morte, continua a rappresentare l’anima di un movimento e, soprattutto, quello spirito missionario puro e più che mai vivo.