Nadia Toffa, “iena” dell’omonimo programma di Italia Uno, è stata ospite ieri sera della biblioteca Passerini Landi, nell’ ambito di “Biblioteca Piazza Aperta”, una tre giorni di spettacoli, conferenze, laboratori e aperitivi musicali che hanno avuto come filo conduttore il gioco.
L’ evento finale è stato dedicato al gioco d’ azzardo, quando il gioco, cioè, non è più qualcosa per rilassarsi e divertirsi ma diventa una malattia.
Il libro di Nadia Toffa, uscito lo scorso 2 aprile, è intitolato “Quando il gioco si fa duro” ma in questo caso, come nel film di Belushi, in cui è stata pronunciata questa frase, i duri non iniziano a giocare ma dovrebbero smettere perché in questo caso si parla di azzardopatia.
Ci siamo più volte occupati di questo fenomeno, che anche a Piacenza ha numeri rilevanti e in continua crescita, e in questo libro se ne parla anche dal punto di vista dei giocatori i quali hanno raccontato le loro tragiche esperienze legate all' azzardo.
Mentre indossava i panni della iena, quattro anni fa nel corso di un’ inchiesta ad Ancona, riguardante tutt’ altro argomento, la Toffa con l’ operatore che la seguiva, si è fermata a prendere un caffè. Dopo una notte di appostamenti i due si trovano davanti a un bar. La saracinesca è ancora chiusa, sono le sette del mattino, e una decina di persone aspetta che l’ esercizio apra.
“Quando siamo entrati – racconta la Toffa – quella decina di persone non si è fermata al bancone, come abbiamo fatto noi, ma è andata sul retro. Una volta preso il caffè sono andata anche io a curiosare sul retro e ho visto quella gente davanti alle slot machine, a giocare sin dal mattino. Allora mi è venuto in mente di chiedere a una di quelle persone cosa lo spingesse a puntare la sveglia per andare a giocare. La risposta dell’ uomo è stata lapidaria: Ieri ho giocato fino a tardi e non posso lasciare la macchinetta scoperta, perché è molto probabile che scarichi”.
Il giocatore patologico non si rende conto, però, che il ciclo che deve compiere la macchinetta per “scaricare”, per erogare cioè una vincita è di oltre 140mila giocate e sicuramente, ammesso che il giocatore riesca a centrare il momento giusto (la legge delle probabilità dice che è più possibile essere colpiti da un fulmine), sicuramente non recupererà gli stipendi o le pensioni giocate e perse nel tempo.
Di questo parla la Toffa nel suo libro, sviscerando anche gli aspetti economici legati all’ industria del gioco, con una somma spesa dagli italiani che è più che triplicata negli ultimi dieci anni.
In Italia c’è una platea di 800mila malati di azzardopatia e 2 milioni di persone con problemi. A queste bisogna aggiungere anche i familiari che si ritrovano vittime inconsapevoli del pericoloso vizio dei loro congiunti.
“Lo scorso anno – prosegue la Toffa – la consulta nazionale antiusura ha rilevato che il 50% degli usurati proviene dal gioco d’ azzardo. Il dato è impressionante: le persone che giocano fanno debiti per le scommesse”.
Ma cosa spinge le persone a giocare? Secondo l' autrice "Si inizia dal voler vincere e spesso le persone mi hanno raccontato della sfortuna della prima vincita: infilare due euro in una slot o comprare un gratta e vinci da cinque euro e vincerne mille, dà la falsa impressione che la vittoria sia facile. Da qui inizia questo vortice pazzesco".
Un consumo di gioco che è cresciuto anche a causa della quantità e dell’ accessibilità al gioco che abbiamo in Italia e che ha fatto scalpore anche in America, patria dell’ azzardo con Las Vegas: il New York Times, sulle sue pagine internazionali ha affrontato il fenomeno italiano dell’ azzardopatia.