“Continuo a fare dei lavoretti, ma sono mesi che non vengo pagato. Non ho più un soldo. Mio figlio vuole tornare a Piacenza da Londra e non ho nemmeno 100 euro per aiutarlo. Mi sento come se mi avessero calpestato la dignità. Non voglio tornare a fare le rapine in banca e a questo punto non so davvero se valga pena continuare a vivere…”.
E’ giunto allo stremo delle forze, Franco (nome di fantasia). Si presenta a Radio Sound di mattina presto, intorno alle 7, trafelatissimo. E’ vestito con una tuta da lavoro blu consunta, l’aria è un po’ trasandata. Consegna alla redazione il volantino di un’associazione: si chiama Dal basso – onlus e si propone di aiutare le persone che versano in situazioni di disagio. Dice solo che non ce la fa più, “che voleva lasciare un messaggio, un ultimo messaggio prima di …”. Racconta la sua storia di disperazione. Franco ha 55 anni, è originario di Torino, fa l’artigiano. E mentre lo ascolti ti vengono in mente quelle testimonianze, magari sentite nei telegiornali, di tanti suoi colleghi, artigiani o piccoli imprenditori, che stritolati dalla crisi non hanno retto. Negli anni Novanta Franco finisce in mano agli usurai. “Mi ero fatto molti debiti, non sapevo come ripianarli. Loro mi stavano alle costole e avevo paura”. Tenta una prima volta di farla finita, ma viene salvato in extremis dagli infermieri. Quando esce dall’ospedale è ancora integro. Ma fuori ad attenderlo ci sono i problemi di prima. E allora sceglie la strada peggiore: “Mi sono messo con qualcuno e ho iniziato a fare delle rapine”. Rapine in banca. Il motivo è semplice: “Perché sono state loro le prime a rapinarmi quando avevo l’attività”. La nuova attività da fuorilegge qualcosa frutta: “Mi ha permesso di pagare il debito con gli strozzini”. Si accorge che puntare la pistola in faccia ai commessi può pagare e va avanti, cercando quei guadagni infami. Durerà ancora poco però perché viene arrestato e finisce in galera alle Novate. “Ho pagato il mio debito con la giustizia con tre anni di carcere” racconta Franco che fuori dalla galera prova a cambiare vita. Ci prova davvero. Resta a vivere a Piacenza e torna a fare l’artigiano. “Non volevo più ricadere nella delinquenza, mi sono ripromesso di fare del bene. A quel punto della vita ho incontrato sulla mia strada delle persone importanti che mi hanno cambiato in meglio. Ho iniziato a stare bene, soprattutto con me stesso”. Si sente pienamente redento. Mosso da sentimenti di bontà a inizio 2013 decide di fondare con alcuni amici l’associazione di volontariato “Dal basso”, “con la quale abbiamo aiutato tante persone in difficoltà ottenendo importanti risultati riconosciuti anche dalle istituzioni”. Nel frattempo lavora con suo figlio, prova a insegnargli il mestiere di artigiano. Ma quella luce intravista in fondo al tunnel torna a diventare fioca. Colpa di alcune delusioni personali, dice. Ma soprattutto del crollo della situazione economica. Lavoro che scarseggia, soldi sempre meno. “Sono mesi che chiedo alle persone per cui ho lavorato di pagarmi. Non voglio andare a vivere sotto un ponte e nemmeno tornare a fare il delinquente, anche se può sembrare una scorciatoia. Però oggi mi alzo la mattina e non trovo più un senso. Con mio figlio ci vogliamo bene, ma come faccio a non potergli dare cento euro per tornare in Italia a trovarmi”. Scuote la testa. Proviamo un difficile tentativo di rincuorarlo, che le cose si sistemeranno, che ha un figlio a cui si deve dedicare, che non si deve mollare. Frasi fatte alle quali lui non bada più di tanto: “Grazie” sorride amaro. “a non ce la faccio più”.