“Sono stato contattato da alcuni colleghi che si trovano in questo momento in Ucraina e sono stato informato già ieri, sabato, poco dopo il fatto, di quello che era avvenuto. Abbiamo immediatamente attivato tutti i nostri contatti per tentare di capirci di più, per avere conferme”. Più che altro smentite sperava di ottenere Gabriele Micalizzi, fotoreporter che con Luca Santese (lì al suo fianco oggi a Pianello, nel Piacentino) e Andy Rocchelli ha fondato nel 2008 il collettivo fotografico Cesura Lab. Purtroppo le smentite non sono arrivate ma solo una perentoria, tragica conferma a quel che già da ieri sospettava: Andrea Rocchelli, detto Andy, era rimasto ucciso a Sloviansk, nella regione del Donetsk, una delle più calde dell’Ucraina in questi mesi di conflitti, guerre fratricide e scontri. Andy era là. “Questa mattina (domenica 25 maggio 2014) verso mezzogiorno ci hanno dato conferma ufficiale del decesso – dice Gabriele Micalizzi – Ma niente di più. Niente sulla dinamica precisa, niente sul conteso. Sappiano solo, da quel che ci hanno raccontato alcuni colleghi che erano là a lavorare, che Andy è rimasto bloccato in un agguato ed è stato colpito da una granata. Solo questo sappiamo”. Granata che stando a quel che si è appreso sarebbe stata lanciata dall’esercito ucraino e non dalle forze filorusse.
Una fine orrenda, dunque, se si pensa che probabilmente, se non fosse stato per la pioggia di colpi di mortaio che continuavano a cadere in quell’area maledetta di poche centinaia di metri quadrati, i soccorsi sarebbero potuti arrivare prima e magari Andrea Rocchelli ora sarebbe vivo. Difficile, se si tiene conto del racconto del collega francesce che stava viaggiando con Andy e il suo interprete italo-russo Andrej Miroslav, morto anch’egli. “Continuavano a piovere granate e una è caduta proprio dov’erano Andy e Andrej – ha poi spiegato il francese William Roguelon dell'agenzia Wostok Press – Quando si è diradato il fumo li ho visti a terra, immobili”.
“Abbiamo perso più un amico che un collega – aggiunge Gabriele, con la voce bassa – Perché questo era per noi Andy: un amico. Certo, bisogna dargli atto che era un giornalista incredibile e un fotografo eccezionale, un fotoreporter vero. Era una persona polivalente, sapeva fare tutto”. Ora Gabriele Micalizzi, Luca Santese e altri ragazzi di Cesura raggiungeranno i familiari di Andy in Ucraina: “Tenteremo di portare a casa la salma il prima possibile per dargli l’ultimo saluto qui in Italia”.
Una tragedia immensa, con un ragazzo che muore a 30 anni per raccontare, per mostrare, per scoprire; un ragazzo che muore facendo il giornalista al fronte, in una zona dove si spara, dove si muore. E lo sapeva. “Certo che lo sapeva – dice Gabriele – E’ per questo che noi fotoreporter andiamo in zone calde; è per raccontare quel che nessuno può raccontare, per dare voce a chi non può averne”. “Siamo colleghi, io e Andy – aggiunge Micalizzi usando il presente, come se Andy ci fosse ancora – Abbiamo sempre lavorato in zone di conflitto, abbiamo sempre affrontato guerre e rivoluzioni e a chi pensa che ce le andiamo a cercare rispondo che qualcuno deve pur farlo. L’ossessione di Andy era dar voce a chi non poteva parlare e comunque raccontare le storie del mondo. E lui si è sempre battuto per questo, e lo faceva da giornalista vero, andando a cercare le fonti, non fermandosi alla superficie”.
Una ricerca che Andy Rocchelli ha pagato a carissimo prezzo.