Torna alla ribalta il fenomeno dei bocconi avvelenati dopo la denunzia alla Procura della Repubblica relativa ai cani avvelenati a Santa Maria di Bobbio . Si parla di decine di cani avvelenati in quella zona , solo in parte denunciati, altri 4 cani ed un gatto sono morti a Trevozzo di Nibbiano a febbraio, ma sono solo la punta di un iceberg ben più grande . Come associazioni animaliste ed ambientaliste da anni segnaliamo e denunciamo alle autorità competenti l'urgenza di interventi concreti per contrastare efficacemente questa prassi illegale oltrechè crudele e vigliacca, ma dobbiamo dire amaramente che una azione coordinata tra Provincia, Ausl, Ordine dei veterinari e Comuni che sfoci finalmente in una seria campagna contro i Bocconi avvelenati finora non c'è ancora stata. Un vero e proprio bollettino di guerra, perchè la maggior parte degli avvelenamenti di animali da affezione, cani e gatti non viene denunziata, sia per sfiducia nelle indagini, sia per ignoranza o per paura, senza contare tutti gli animali selvatici avvelenati nelle nostre campagne e montagne per eliminare possibili predatori della fauna cacciabile o da allevamento di cui mai si saprà qualche cosa. Questa sostanziale inerzia delle autorità amministrative e sanitarie che dovrebbero vigilare e fare campagne informative sul problema, protratta negli anni,è grave perchè finisce per ingenerare nei trasgressori un’idea di impunità che consente il dilagare del fenomeno .Nel nostro paese, purtroppo, all'esistenza di buone norme a tutela degli animali non corrisponde ancora nelle Amministrazioni un altrettanta capacità di applicarle e farle rispettare, con buona pace per le indagini, i controlli e le sanzioni. Riteniamo molto positivo il recente incontro organizzato in Prefettura per gestire il problema e creare un coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, l'importante però è che non resti lettera morta come l'ultimo tavolo di Prefettura sui Bocconi avvelenati riunito a giugno del 2012. Sperando in un lavoro continuativo del Tavolo chiediamo anche che possa essere ammesso un rappresentante del comitato provinciale sul randagismo che raccoglie al suo interno tutte le associazioni animaliste ed ambientaliste di Piacenza riconosciute.
Uno dei primi punti di lavoro che ci permettiamo di suggerire al tavolo di Prefettura, oltre alle necessarie azioni di sensibilizzazione ed informazione, è certamente la verifica della situazione delle Amministrazioni comunali piacentine in merito al rispetto della normativa sul randagismo, dal momento che spesso il veleno viene usato proprio per eliminare cani "vaganti" spesso randagi, considerati "fastidiosi", perchè possibili predatori di selvaggina o animali da allevamento. E’ necessario che Provincia e Prefettura si facciano garanti della piena legalità anche in tema di tutela animale, smettendo di tollerare irresponsabilmente le gravi omissioni d’ufficio commesse da alcuni sindaci della nostra provincia.
A distanza di 14 anni dall’entrata in vigore della Legge Regionale sul randagismo 27/2000 infatti ci sono ancora alcuni Comuni totalmente fuorilegge sulle norme obbligatorie sulla cattura e la custodia dei cani vaganti sul territorio, fra i quali rientra proprio quello di Bobbio, teatro dei recenti episodi di avvelenamento, lo stesso Comune che dalle pagine dei giornali chiede di non essere considerato Comune Killer di Cani . Se si vuole intervenire sul problema, occorre che siano i Comuni i primi enti ad agire sul problema del randagismo ed a rispettare la legge , tutelando, in questo modo i loro cani e se non lo fanno da soli occorre che siano altri Enti ad obbligarli, Provincia e Prefettura. Il comportamento di questi Sindaci “fuori legge”, in quanto sprovvisti di convenzione per il recupero e la custodia dei randagi, di fatto va ad alimentare indirettamente metodi illegali di contenimento del loro numero. Pertanto, i primi destinatari del programma di sensibilizzazione ed informazione partorito dalla Prefettura nel corso dell’ultima riunione sul tema “esche avvelenate”, dovrebbero essere proprio i Comuni, ai quali la normativa vigente demanda precisi compiti di vigilanza sul territorio, con l’obbligo di censire la popolazione canina e felina stanziale, come unico strumento efficace per prevenire il randagismo e per contrastare chi, vigliacco e senza scrupoli, uccide animali perché ritenuti "dannosi".