Due grandi attori, interpreti ai massimi livelli del teatro, e non solo italiano: Luca Zingaretti e Massimo De Francovich. Un testo, di Ronald Harwood, che pone questioni etiche sempre attuali: fino a che punto l’arte può considerarsi libera dai condizionamenti della politica e del potere? Svolgere un’attività artistica in un regime dittatoriale equivale a collaborare e appoggiare il sistema?
Lo spettacolo è “La torre d’avorio” con la regia di Luca Zingaretti. Atteso appuntamento al Teatro Municipale di Piacenza martedì 21 e mercoledì 22 gennaio alle ore 21 per il cartellone Prosa della Stagione “Tre per Te” organizzata da Teatro Gioco Vita, direzione artistica di Diego Maj, con la Fondazione Teatri, il Comune di Piacenza – Assessorato alla Cultura e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Cariparma, Iren.
Siamo a Berlino nel 1946. È il momento della caccia ai sostenitori del caduto regime. Viene così convocato, nel quadro di un’indagine sulla sua presunta collaborazione con la dittatura, il più illustre esponente dell’alta cultura tedesca, il direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, universalmente acclamato con Arturo Toscanini come il più importante della prima metà del secolo. Furtwängler non era stato nazista, ma nel buio periodo dell’esodo di molti illustri intellettuali era rimasto in patria: aveva scelto, in tempi durissimi, di tenere accesa la fiaccola dell’arte e della cultura, convinto che questa non abbia connotazione politica. Ma ecco ora che i vincitori vogliono vederci chiaro, e se possibile far crollare anche questo superstite mito della superiorità germanica. Consapevoli del fascino che il grande artista esercita su tante persone, affidano l’indagine a un uomo che dà ogni garanzia di esserne immune: un maggiore dell’esercito che detesta la musica classica; un plebeo che disprezza le sdolcinatezze borghesi; un giustiziere sacrosantamente indignato dalle atrocità che ha visto perpetrare in questa corrottissima zona dell’Europa; soprattutto, un americano convinto dell’uguaglianza di tutti gli uomini sia nei diritti sia nelle responsabilità.
In scena con Zingaretti e De Francovich, Paolo Briguglia, Gianluigi Fogacci, Francesca Ciocchetti, Caterina Gramaglia. La traduzione del testo di Harwood è di Masolino D’Amico, le scene di Andrè Benaim, i costumi di Chiara Ferrantini, produzione Zocotoco srl.
Ronald Harwood è l’autore di “Servo di Scena” (che abbiamo visto al Municipale nella passata stagione con la regia e l’interpretazione di Franco Branciaroli) e di numerosi altri testi teatrali, letterari e cinematografici (uno dei quali, la sceneggiatura del “Pianista” di Roman Polanski, premiato con l’Oscar).
«Ebreo, appassionato di musica (ha scritto una commedia su Mahler, un romanzo su César Franck) e sudafricano, Harwood – come spiega Masolino d’Amico – è in grado di guardare sia il contegno di Furtwängler con gli occhi critici di una delle vittime, sia la tracotanza del filisteo maggiore Arnold con quelli di qualcuno per cui l’arte sia un bene supremo e irrinunciabile, sia l’atteggiamento dei vincitori dalla prospettiva di uno di loro, ma che non è coinvolto come loro. Lo scontro tra due avversari così diversi e così poco disposti a capirsi – soprattutto, ciascuno dei quali è convinto delle proprie ragioni – offre teatralmente quello che nella boxe è considerato il match ideale». A fronteggiarsi sul palcoscenico in questo match teatrale sulla libertà dell’arte, Luca Zingaretti nella divisa del maggiore statunitense Arnold e Massimo De Francovich nel ruolo del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler.