Coldiretti: “In un anno oltre 50 animali uccisi dalla fauna selvatica”

“I danni da fauna selvatica continuano a mettere a rischio le produzioni agricole e gli allevamenti anche a Piacenza”. Lo comunica in una nota Coldiretti. “Le stime nazionali sono agghiaccianti, si parla di almeno 3mila pecore uccise nel  2013, ma a queste si aggiungono anche capre, puledri, vitelli e mucche al pascolo. Dai lupi ai cinghiali, questi animali selvatici stanno mettendo a rischio il lavoro dell’uomo in molte aree e quindi un settore che, è giusto ricordarlo, è l’unico a trainare ancora il Paese e che può rappresentare dunque la svolta per uscire dalla recessione.

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“Stupisce – afferma Nicolò Lavezzi, responsabile della Commissione Ovicaprini di Coldiretti Piacenza – che la mancanza di attenzione per questo problema perseveri, dato che ormai, quello che fino a poco tempo fa era un fenomeno circoscritto alle zone di alta montagna rappresenta un problema anche nella prima collina. Basti pensare alle predazioni di maggio durante le quali sono stati  attaccati due greggi in due notti consecutive uccidendo in totale 25 pecore. Le predazioni sono avvenute nella prima collina di Travo a non più di 300metri di altitudine e a 20km dalla città. In totale sono oltre 50 gli animali uccisi a Piacenza nel 2013”.

Ma la conta dei danni, non si limita al singolo capo ucciso, a questi numeri vanno aggiunti i danni indotti dallo spavento e dallo stato di stress provocato dagli assalti, che generano nelle vittime sopravvissute una ridotta produzione di latte e aborti. Tutto ciò ovviamente scoraggia in molte aree l’attività di allevamento mettendo a rischio anche il tradizionale trasferimento degli animali in alpeggio.

 “Fino a pochi anni fa, prosegue Lavezzi,  si verificava qualche episodio predatorio in zone di alta collina e prima montagna in corrispondenza di periodi in cui la presenza di neve spingeva  i branchi di lupi a spostarsi più a valle; è preoccupante considerare  che le predazioni del 2013 si sono verificate per la maggior parte in periodo primaverile/estivo: significa che la prima collina piacentina è diventata zona abituale di caccia per branchi di lupi.”

“Il quadro generale mostra dunque una situazione ormai insostenibile: il dover difendersi dai predatori, i cui attacchi raggiungono questi livelli quantitativi rappresenta per gli allevatori costi ingenti non solo per l'acquisto di deterrenti anti-lupo ma anche per l'impegno in termini di tempo che queste misure richiedono per essere messe in atto. Come se ciò non bastasse, il comparto ovicaprino, così come altri comparti agricoli, sembra non seguire le normali regole di mercato che prevedono il fisiologico aumento del prezzo causato da eventuali problematiche stagionali come queste. Il prezzo della carne è infatti ai minimi storici a causa delle importazioni senza regole di carne estera, in oltre, il prezzo delle materie prime per i mangimi aumenta di anno in anno e a fatica si riescono a trovare nuovi terreni da affittare a causa di speculazioni ad opera di  aziende di pianura che affittano terreni collinari (votati al solo pascolo) a canoni che arrivano a cinque volte il reale valore”.

“Nonostante tutto, conclude Lavezzi,  noi pastori andiamo avanti conduciamo con dedizione e professionalità le nostre aziende, tutelando un territorio che altrimenti sarebbe abbandonato, riuscendo addirittura a creare reddito dalle tare improduttive. Non possiamo però permetterci di accollarci anche le spese per il mantenimento del lupo, questo esula dal rischio biologico intrinseco all’ allevamento.”

La commissione ovicaprini ha iniziato un dialogo ed una collaborazione con la Provincia per mettere in atto prevenzioni e risarcimenti ad hoc per cercare di arginare il problema e limitare quanto più possibile i danni alle aziende .

“Tutto questo – afferma Adriano Fortinelli, responsabile del settore caccia per Coldiretti Piacenza – ormai è diventato assurdo, se ne parla da anni, gli strumenti ci sono ma il raggiungimento degli obiettivi è lontano. Ci auguriamo tra un anno, al momento della stima dei danni, di non dover constatare nuovamente una simile situazione. Non possiamo continuare a lasciare soli agricoltori e allevatori come se il problema non ricadesse su altri, come se fosse solo un loro problema quando in realtà tocca ognuno di noi: da anni si combatte contro lo spopolamento delle montagne, senza poi offrire la giusta tutela a chi della montagna vive e che continua a reinvestire in queste zone, portando un beneficio anche a chi vive in pianura, svolgendo un fondamentale ruolo di presidio, oltre che di produzione.”