“Siamo noi le vittime, aggrediti per esserci rifiutati di vendere birra a delle persone ubriache. Ma cosa dobbiamo fare? Se la vendiamo sbagliamo, se non la vendiamo ci ammazzano. In più ora ci chiudono il market. Ma ora come facciamo ad andare avanti ora con cinque persone da mantenere? Siamo gente che lavora in modo onesto e nel rispetto delle regole. Non tutti gli stranieri sono spacciatori o delinquenti. Spero che il sindaco ci ripensi e che ci ascolti”.
E’ lo sfogo disperato di Annamaria, ecuadoriana, titolare con il marito della licenza del market di via Pozzo che venerdì il Comune ha deciso di chiudere in seguito alla maxirissa di Capodanno. Dopo aver appreso della decisione del sindaco si sente “vittima della situazione” e vuole fare chiarezza, dal suo punto di vista, circa quanto accaduto. Lei e la sua famiglia – in particolare il marito e la figlia incinta entrambi costretti a ricorrere alle cure dell’ospedale per le botte prese mercoledì scorso – non vogliono essere etichettati come “gentaglia che combina guai o che minaccia la sicurezza della zona”.
Inizialmente racconta quanto successo mercoledì pomeriggio. “Non è stata colpa nostra. Anzi. Noi semplicemente non volevamo vendere birra a persone che era già ubriache. Ancor prima che si scatenasse il finimondo avevo già chiamato la polizia chiedendo che se ne andassero. Uno di loro picchiato un ragazzo che stava semplicemente facendo la spesa. Poi mio marito ha provato a tranquillizzarlo portandolo fuori. E invece cosa hanno fatto? Sono tornati con altri amici e le mazze da baseball. Erano delle furie. Noi ci siamo soltanto difesi. Noi siamo le vittime. Guardi come ci hanno conciato. Abbiamo una figlia incinta. Non hanno avuto rispetto. Siamo andati in ospedale tutti e tre”.
Ora la famiglia sudamericana deve fare i conti con la decisione del sindaco Paolo Dosi, presa di concerto con l’imprenditore piacentino Carlo Becciu titolare dell’immobile (che comunque ha sempre indicato i gestori come persone affidabili). “Capiamo il sindaco che deve tutelare la gente ha paura, ma avrebbe potuto ascoltarci. Avremo magari trovato una soluzione, magari avremmo chiuso per una settimana. Io voglio collaborare, sono disposta a chiudere anche un po’ prima e smettere di vendere birra. Noi abbiamo una famiglia da mantenere. Mi sembra un provvedimento eccessivo. Ripeto, siamo stati aggrediti, abbiamo perso tanta merce che ci hanno rotto. Non abbiamo soldi ora, ci abbiamo rimesso tanto, per poco anche la vita. E ora mi chiudono, come facciamo ad andare avanti? Viviamo di quello e abbiamo cinque figli da mantenere”.
L’emergenza sicurezza non è soltanto in via Pozzo: “Via Roma è una zona caldissima. Io ci abito, si ammazzano sempre, succede di tutto. Prima avevamo il negozio là e siamo stati costretti ad andare via. Noi non vogliamo casini. Anche noi abbiamo paura degli stranieri. Capisco quello che possono pensare gli italiani, ma non tutti gli stranieri sono uguali. Noi non abbiamo mai aggredito nessuno. Purtroppo paghiamo questo episodio, siamo stati costretti a difenderci perché siamo stati aggrediti”.
Annamaria spiega che farà di tutto per parlare con il primo cittadino. “Io aspetto le indagini della polizia che facciano chiarezza su come sono adnate realmente le cose. Parleremo con un avvocato e speriamo di poter parlare con il sindaco. Vorremmo che ci ripensasse. Noi lavoriamo, paghiamo le tasse, l’affitto. Non rubiamo né vendiamo droga. Se il sindaco mi avesse dato la possibilità di parlare. Noi non vogliamo fare del male a nessuno”.