“Lasciavamo correre alcune cessioni di droga per quantitativi più modesti perché eravamo allettati dalla possibilità di fare sequestri più ingenti. Era l’unico scopo che avevamo come ufficio. Non ci ho mai guadagnato denaro. Tanto che oggi devo chiedere soldi in giro per pagarmi gli avvocati”. E’ il succo della lunga deposizione in Tribunale del poliziotto della Narcotici Paolo Bozzini ascoltato martedì pomeriggio in qualità di testimone nel processo a carico del suo “capo”, l’ispettore Claudio Anastasio, e di Cortez Eridana, accusata di spaccio. Un processo che entra nel vivo e che sta via via sviscerando una serie di aspetti legati all’operato degli agenti della Narcotici finiti in manette nella primavera scorsa per mano dei carabinieri del Nucleo investigativo comandati dal capitano Rocco Papaleo. E se gli altri testi, come Giorgio Cavaciuti e il dominicano Gomez Liz, anch’essi implicati nella maxi-inchiesta, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, Bozzini ha invece accettato di rispondere alle domande del pubblico ministero Michela Versini.
Ed è subito affiorata la figura chiave del dominicano Mercedes che Bozzini conobbe e che si disse pronto a riferirgli informazioni importanti sul mondo dello spaccio gestito da alcuni suoi connazionali nella nostra città e nelle realtà limitrofe. “Ci promise di farci fare arresti importanti e sequestri di grandi quantità di droga. A patto però di lasciare correre partite minori” ha rivelato Bozzini. Così entra in scena anche il pregiudicato Cavaciuti che, ha detto Bozzini, “era anch’egli un informatore della polizia” personalmente conosciuto dallo stesso agente e dal suo capo Anastasio. Questi ultimi si rivolsero a lui, trovando il suo assenso, perché acquistasse da Mercedes in diverse occasioni una serie di quantitativi minori di coca. Così Bozzini ha ammesso di aver fatto da tramite, cioè di aver consegnato più volte a Cavaciuti (soprannominato “il piccolo chimico”) la droga che arrivava da Mercedes, stando attento che i due non venissero in contatto. “In accordo con Anastasio avevamo deciso di rivolgerci a Cavaciuti perché sapevamo che faceva uso di cocaina e che era uno spacciatore”.
Quattro i casi di cessioni a Cavaciuti, per così dire, “pilotate”: uno da 30 grammi, poi da 50, poi da 100 e il quarto da 250 grammi. “In accordo con Anastasio organizzammo questi servizi. Lo facemmo – ha riferito Bozzini – perché c’era la prospettiva di riuscire ad arrestare spacciatori in possesso di quantitativi maggiori, in un caso 100 grammi di cocaina e nel secondo quasi un chilo proveniente da Parma. Questo era l’unico nostro obiettivo. Un sequestro ingente ti fa fare più bella figura”. In realtà in un primo caso l’arresto di Gomez fruttò non i 100 grammi sperati, bensì 83; il secondo, quello da un chilo sfumò sul più bello per l’intervento dei carabinieri che controllarono l’auto dei dominicani che arrivava da Parma. Si tratta di operazioni alle quali presero parte anche altri poliziotti della Narcotici indagati, Luciano Pellilli e Paolo Cattivelli, i quali come Bozzini stesso hanno chiesto il rito abbreviato.
“Ho la ragionevole certezza di ritenere – ha detto Bozzini – che il dirigente della Mobile Stefano Vernelli fosse informato di queste attività, tanto che in un caso furono mandate in ausilio anche due volanti. Non era informato da me personalmente, ma sicuramente da Anastasio”. Alla domanda del presidente del collegio Italo Ghitti (giudici a latere Elena Stoppini e Maurizio Boselli) se non si rendesse conto di rischiare trasportando quei quantitativi di droga in auto, Bozzini ha risposto così: “Certo alla luce di quanto avvenuto a posteriori non accetterei più la proposta che mi fece il dominicano Mercedes, ma l’idea di fare un grande sequestro ci fece affrontare questi rischi”.
In mattinata era stato il maresciallo dei carabinieri Mirko Gatti del Nucleo investigativo, a ricostruire, ripercorrendo i fatti anche attraverso le intercettazioni telefoniche, gli episodi che hanno portato gli investigatori dell’Arma ad intuire che vi fosse un intreccio sospetto tra il mondo dello spaccio – in particolare quello che gravitava nella zona di via Boselli (gestito in parte dall’imputata Eridana Cortez) e che portò all’arresto del carrozziere Marco Mazzi – e i frequenti contatti con gli agenti della Narcotici. Sfiorati anche episodi legati all’utilizzo, da parte di Bozzini, di carte di credito clonate. L’udienza è stata poi aggiornata al prossimo 17 dicembre quando è in programma il controesame del maresciallo Gatti da parte della difesa e la prosecuzione dell’interrogatorio dello stesso Bozzini.
————————————————————————–
Entra nel vivo il processo a carico del poliziotto piacentino Claudio Anastasio, della sudamericana Cortez Eridana e del macedone Boris Angelosky. Si tratta di tre dei quindici arrestati lo scorso aprile dai carabinieri del Nucleo investigativo all'epoca comandati dal capitano Rocco Papaleo (oggi comandante della compagnia di Vigevano) e coordinati dal pm Michela Versini della procura di Piacenza. I tre imputati in questione, tra i quali per l'appunto l'ispettore Anastasio in forze alla sezione narcotici della Squadra mobile di viale Malta, sono stati gli unici a scegliere il rito ordinario, ovvero senza sconti di pena in caso di condanna. Sconti previsti, al contrario, per chi ha scelto riti alternativi; tra questi anche gli altri cinque poliziotti finiti in carcere la scorsa primavera. Rito alternativo (e in particolare rito abbreviato condizionato all'acquisizione di alcuni documenti) concesso la scorsa settimana anche a uno degli altri soggetti più importanti nell'ambito di questa inchiesta: Giorgio Cavaciuti, pensionato piacentino, considerato il perno di un giro di spaccio a Piacenza nel quale, secondo la teoria accusatoria, giocavano un ruolo attivo i poliziotti della Mobile Claudio Anastasio, Paolo Bozzini, Luciano Pellilli, Paolo Cattivelli e Luca Fornasari. Stralciarta la posizione del sesto poliziotto, Enrico Milanesi, la cui posizione deve ancora essere definita formalmente.
Oggi in tribunale si entra nel vivo delle testimonianze che dovranno ricostruire di fronte al collegio di giudici presieduto da Italo Ghitti tutta l'indagine che ha portato al blitz dello scorso 15 aprile con l'esecuzione delle misure cautelari chieste dai pm Michela Versini e Antonio Colonna e firmate dal gip Giuseppe Bersani.
In apertura di udienza, primo segnale forte da parte del presidente del collegio che ha rigettato l'istanza presentata dall'avvocato Andrea Perini, difensore di Giorgio Cavaciuti, oggi chiamato a testimoniare: l'avvocato chiedeva che il processo venisse celebrato a porte chiuse, con la conseguenza diretta che i cronisti non potessero assistere all'udienza. Richiesta respinta e processo rigorosamente aperto al pubblico, come prevede il rito ordinario. Da sottolineare, infatti, che la richiesta in questione non è arrivata dai difensori dei tre imputati che, per l'appunto, hanno chiesto il rito in questione.
Il primo ad essere chiamato al banco dei testimoni è il maresciallo dei carabinieri Mirko Gatti del Nucleo investigativo di Piacenza che sta tuttora ricostruendo i primi accertamenti dai quali è partita l'indagine che ha successivamente coinvolto i rappresentanti della Polizia di Stato. Accertamenti per un giro di spaccio concentrato inizialmente nella zona di via Boselli, a Piacenza, e che coinvolgeva alcuni sudamericani. E' stato uno di questi a rivolgersi ai carabinieri segnalando alcuni episodi che potevano fare ipotizzare un coinvolgimento pe così dire non convenzionale da parte poliziotti nel giro illecito.
Aggiornamenti nel corso nella giornata.