Entra nel vivo il processo a carico di un 53enne medico piacentino accusato di aver rilasciato certificati medici falsi (480 codice penale: falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative) a un 42enne ex agente della Polizia penitenziaria che di recente ha patteggiato una pena per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. In pratica, sulla base dell’inchiesta condotta dalla Polizia Municipale per fatti avvenuti tra il 2012 e l’inizio 2013, all’ex secondino in servizio alle Novate sarebbe bastato contattare telefonicamente, e senza alcuna visita, la segreteria dello studio medico per ottenere agevolmente giornate a casa dal lavoro, spesso per influenze piuttosto dubbie. Giorni di assenza dal lavoro che avrebbe sfruttato per organizzare incontri sessuali a pagamento tra prostitute e clienti, anche detenuti in permesso, spesso nel suo appartamento di casa di viale Dante. Davanti al giudice Elena Stoppini questa mattina sono state ascoltate come testimoni le tre segretarie dello studio dove il medico (difeso dall’avvocato Franco Livera) esercitava la sua professione: il pubblico ministero Antonio Colonna ha cercato di comprendere la prassi con cui venivano rilasciati i certificati per poi entrare nel caso specifico dell’agente. Da esse, grazie anche all’esame di una serie di conversazioni telefoniche, è emerso in maniera piuttosto chiara come l’ex agente, volto ben noto nell’ambiente ambulatoriale in questione, potesse ottenere certificati di malattia in maniera piuttosto agevole. “Chiamava e, anche se il medico non era presente, chiedeva un certificato per uno, due o anche tre giorni, magari per influenza e poi passava a ritirare i certificati” hanno rivelato alcune testimoni. In qualità di testimoni sono state ascoltate anche due prostitute rumene, lo stesso ex agente della Penitenziaria e la sua compagna. E quest’ultima ha rivelato come in un’occasione ottenne a proprio nome una ricetta per farmaci anticoncezionali che girò a una sua amica prostituta che le aveva chiesto un favore. “Ottenni la ricetta anche se il medico sapeva che io ero in menopausa” ha dichiarato la compagna. Dal canto suo il medico, che ha chiesto di essere ascoltato, ha sempre negato ogni accusato. “Ho sempre visitato il paziente. Chi aveva bisogno chiamava, parlava con le segretarie e si fissava un appuntamento”. Nel corso dell’udienza sono stati anche sentiti alcuni colleghi del dottore che hanno difeso l’operato del dottore.