Palazzo Galli al completo in ogni ordine di posto per la presenza dello storico Sergio Romano. Una vera e propria lezione, la sua, preparata con cura per mostrare le anomalie del sistema giudiziario italiano e la necessità di porre un freno al potere discrezionale dei magistrati inquirenti, troppo spesso sostituitisi al potere politico democraticamente eletto, e diventati membri di una casta con poteri superiori rispetto a quelli di qualsiasi altro collega di un paese democratico. “Un procuratore in Italia può scrivere articoli, partecipare a feste di partito, spostarsi dalla magistratura alla carriera politica e viceversa. Veemente nelle parole l'indignazione dello storico per questo stato di cose, che ha condotto ancora una volta dopo l'inchiesta Mani Pulite, a far dipendere il futuro di un esponente politico di assoluto rilievo da quanto deciso da un tribunale.
“Da quando Berlusconi è sceso in campo, la politica italiana è diventata storia giudiziaria. Aveva un colossale conflitto di interesse e una carriera costellata da ombre”. La magistratura – la cui evoluzione negli anni '80 aveva, secondo lo storico, portato alla ribalta personaggi con un retroterra politico e ideologico ben preciso, ben lontani dalla semplice figura di tecnici del diritto – da quando Berlusconi è sceso in campo, ha trovato un nuovo nemico. Un nemico che peraltro è stato fin da subito privato di qualsivoglia possibilità di riformare l'ordine giudiziario: “Una riforma non poteva essere più accettata se proposta da Berlusconi, perché se la chiedeva doveva per forza nascondere qualcosa. E bisognava farlo fuori. Ad esempio con le intercettazioni telefoniche che lo misero alla gogna anche per pruriginose faccende private”.
Quali correttivi dunque per eliminare quella che Romano definisce “un'anomalia tutta italiana”?
Una prima linea risolutiva dovrebbe arrivare dalla separazione di carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti. In altri paesi è già una realtà: i primi vengono eletti e devono rendere conto della loro attività in primo luogo ai cittadini. “Mentre l'evoluzione del sistema giuridico italiano – continua lo storico – ha creato una figura, quella del procuratore, con diritti del tutto peculiari e un potere superiore a quello di qualsiasi altro funzionario pubblico. E questo ben oltre i reali meriti della categoria: la giustizia italiana è gravemente malata. I tempi dei processi sono 4-5 volte più lunghi della media europea, le udienze delle cause civili vengono rinviate da un anno all'altro. I cittadini non credono piu nella giustizia italiana, gli investitori preferiscono rivolgere la loro attenzione altrove. Perche questi disagi? I magistrati sono dello stesso numero che in altri paesi, guadagnano altrettanto bene. Come conciliare tanto potere dei giudici con l'incapacità di soddisfare il bisogno di giustizia? A rigor di logica questo stato di cose dovrebbe condurre a un discredito nei confronti della magistratura simile a quello che ha colpito la classe politica. E Invece la magistratura oggi gode di un potere molto piu forte che in passato, tanto da riuscire sempre – come dimostra la storia – a condurre prima o poi la classe politica in Tribunale”.