È il meno pagato dei presenti in campo ma i suoi errori scatenano polemiche che durano anni, corre per chilometri e nessuno alla fine sottolinea le sue prestazioni fisiche, il tutto prendendo una decisione ogni tre minuti che deve arrivare in 2 decimi di secondo. Parliamo dell’arbitro, uno dei mestieri meno amati e compresi dal grande pubblico. Tanto che Ennio Flaiano, per far comprendere quanto la figura fosse presa di mira, disse: "L'italiano ha un solo vero nemico: l'arbitro. Perché emette un giudizio".
Eppure, al di là dei luoghi comuni, diventare direttore di gara può permettere di non accantonare del tutto una passione, quella per la disciplina sportiva che magari si è portata avanti per anni e anche di guadagnare qualcosa.
Ce lo hanno spiegato due arbitri piacentini, uno di calcio e uno di rugby. Parliamo di Roberto Colla, forse meglio noto oggi nella veste di consigliere comunale ma che, settimanalmente, scende in campo e dirige ancora sui campi della nostra provincia, dopo 20 anni di professionismo dove si è tolto molte soddisfazioni. E Gianluigi Rossi, 29enne piacentino che, dopo 12 anni di carriera nelle giovanili dei Lyons e alcuni infortuni, da qualche tempo si sta mettendo in luce anche in incontri internazionali.
Diversi, naturalmente i due ruoli (soprattutto per il rispetto che ne hanno giocatori e pubblico), ma che rendono l’idea di come si la vita da arbitro.
ARBITRO DI CALCIO – “Portieri, terzini o attaccanti si nasce. Arbitri si diventa” premette Roberto Colla, che ha poi ricordato come ha intrapreso la carriera: “A una certa età si capisce di non essere portati per fare il salto di qualità nel calcio, però la passione sfrenata spinge a rimanere nell’ambiente. E poi anche il ritorno economico – seppur limitato – influisce. Si riceve la tessera per entrare gratis allo stadio e i rimborsi (35 euro per le partite in città, ndr)”. Naturalmente non bastano i soldi, perché le responsabilità, come detto, sono parecchie: “Quando un giocatore sbaglia si dice: sarà per la prossima volta. Quando sbagliamo noi invece le polemiche durano giorni, se non di più. Ma anche agli arbitri spiace sbagliare. Le decisioni avvengono in poco tempo e magari sei lontano o puoi essere coperto. Così, come si dice, il miglior arbitro è quello che sbaglia di meno”. E in una lunga carriera non mancano gli episodi spiacevoli, ha ammesso Colla, che ha citato quello che lo ha colpito direttamente: “Il più brutto è quando durante un torneo Libertas sono stato spintonato in modo violento. Era una finale, e allora partecipavano giocatori di livello tecnico molto alto. Era l’estate del 2000. Comunque un episodio circoscritto”. Fortunatamente, però, non mancano neppure quelli positivi, in grado di ripagare da mille frustrazioni: “Arbitravo a Torino la partita Primavera tra Juventus e Empoli, tra i bianconeri c’erano Giovinco, De Ceglie, Oliveira, per intenderci. Ho fischiato un rigore per la Juve ma subito dopo mi sono accorto che non c’era, così dopo le proteste dell’Empoli ho rivisto la decisione. In quel momento il pubblico a bordo campo, gli allenatori e quelli in panchina si sono alzati in piedi e hanno applaudito. Hanno capito che ho sbagliato e lo avevo ammesso onestamente”. Così, dopo tanti chilometri macinati sui campi di tutta Italia, si sente di consigliare il mestiere ai più giovani: “Sì. Aiuta anche a livello caratteriale, a maturare, a confrontarsi con gli altri. E poi è uno sport, anche se in modo diverso. Arbitrare significa divertirsi, facendo divertire gli altri – ha detto Colla con soddisfazione – e dopo aver arbitrato a livello professionistico per tanto tempo, ora ogni settimana scendo in campo in Seconda e Terza categoria con lo stesso spirito”. Come può aiutare l’arbitro nella vita? “Non sai quanti in Consiglio comunale avrei ammonito o espulso. Però ho imparato a non reagire alle provocazioni” ha scherzato.
ARBITRO DI RUGBY – Considerato tra gli sport più corretti, nonostante il duro scontro fisico, anche il rugby per un arbitro può riservare alcune insidie. Certo, limitate rispetto al collega nel mondo del calcio. “In campo i giocatori hanno grande rispetto – dice Gianluigi Rossi – anche se poi sui blog te ne dicono di tutti i colori. Comunque, in generale, la figura dell’arbitro non viene mai attaccata a fine gara, come ho sentito che succede in altri ambiti”. Un amore, il suo per questa particolare professione, nato dopo la fine della carriera agonistica: “Avevo smesso per una serie di infortuni e il mio vecchio allenatore mi aveva consigliato di fare l’arbitro, però non ne ho voluto sapere. Poi, grazie a un corso della società piacentina che ho frequentato è nato l’interesse. E poi in quel periodo – tiene a precisare – cercavo un lavoretto per il weekend e sapendo che davano qualche soldo, per arrotondare ho iniziato”. Per lui, rispetto all’omologo calcistico, sembrano esserci meno stress, anche perché “se scrivo sul rapporto a fine gara di aver ricevuto delle offese, anche dal pubblico, la società verrà sanzionata con una multa pecuniaria e quindi, spesso, i più facinorosi vengono allontanati”. L’importante, spiega Rossi, non è tanto non sbagliare mai, quanto essere in grado di andare oltre ai propri errori: “Il vantaggio è molto utilizzato nel rugby, però darlo è come prendere la decisione. Comunque l’importante è non fare un altro errore cercando di rimediare facendo un favore alla parte che credevi di aver offeso. Si va avanti, anche perché se no a fine partita gli errori sarebbero due”. Anche per lui, nonostante l’a giovane età, non sono mancate le soddisfazioni. Dopo la sua seconda stagione da arbitro, è stato incluso nell’accademia italiana, un percorso di tre anni con 7 raduni all’anno di 3-4 giorni, in cui si svolgono allenamenti e lezioni specifiche. “Il momento più bello è stato quello della designazione per il Trofeo Eccellenza (Coppa Italia). Quest’anno poi ho diretto la prima partita internazionale a Piacenza, tra le nazionali under 17 di Italia e Francia”. Così, nonostante il rugby giocato a meno di 30 anni sia ormai un sogno nel cassetto, si sente anche lui di consigliare a un giovane di intraprendere la carriera di arbitro: “Certo, anzi mi spiace di essere stato così cocciuto quando me lo hanno chiesto la prima volta. E poi l’ambiente è bello, le società di medio-basso livello ti accolgono bene, all’inizio ti offrono il caffè, poi la birra alla fine. Il rugby è uno sport di amici prima che di avversari”. E ora diventerà anche uno sport olimpico con il rugby a sette nel 2016. Un investimento delle federazioni, vista la spettacolarità della disciplina.
Insomma la vita da arbitro, di uomo solo al comando con un unico obiettivo: che nessuno s'accorga di te, a sentire loro, appare più facile di quanto non sembrasse. La sfida del fischio perfetto. La vita impossibile per vedere tutto quello che accade in campo. Il tutto grazie a una grande passione per lo sport. Allora sì, può essere semplice anche fare l’arbitro.