Clamorosa svolta nelle indagini sull’omicidio di via Degani: l’assassinio di Giorgio Gambarelli sarebbe un 26enne tunisino e clandestino per il quale la procura di Piacenza ha chiesto e ottenuto dal gip Giuseppe Bersani un ordine di custodia con l’accusa di omicidio volontario.
Al momento però lo straniero risulta irreperibile, scappato dall’Italia probabilmente attraverso la frontiera di Ventimiglia all’indomani del delitto, e cioè il 28 luglio. A lui si è arrivati indagando fra le conoscenze della vittima.
Fondamentali i rilievi dei carabinieri del Ris di Parma: su uno dei cassetti del comodino in camera da letto, teatro del delitto, hanno isolato una traccia di sangue che è subito risultata appartenere a una persona diversa dalla vittima. Si era di fronte al sangue dell'assassino, che probabilmente era rimasto leggermente ferito durante le concitate fasi dell'atroce delitto; ricordiamo che Gambarelli, 67 anni, piacentino, ex fisioterapista, è stato sgozzato con un'arma da taglio mai trovata dagli investigatori (così come le chiavi dell'appartamento di via Degani e il cellulare della vittima, fatto sparire forse per evitare che "rivelasse" verità compromettenti proprio in capo all'assassino e al movente, tuttora sconosciuto).
Nei giorni immediatamente successivi al delitto dunque gli inquirenti (carabinieri del Nucleo investigativo coordinati dal pm Ornella Chicca) erano già in possesso del dna del presunto assassino. Si sapeva solo che era maschio, nient'altro. Ed è a questo punto che sono emerse le capacità investigative degli uomini dell'Arma i quali, indagando tra le conoscenze della vittima, sono riusciti a risalire ad alcune persone che potevano in qualche modo essere coinvolte o comunque sapere qualcosa di utile alle indagini. Tra queste, c'era anche un tunisino che vive a Piacenza e al quale è stato chiesto di poter prelevare un campione di dna (saliva). "Lo straniero ha prestato il suo consenso senza problemi" ha spiegato questa mattina il om Ornella Chicca nel corso di una conferenza stampa alla quale erano presenti i vertici dei carabinieri piacentini (il comandante provinciale, colonnello Paolo Rota Gelpi, il capitano Massimo Barbaglia, comandante del Nucleo investigativo, e il luogotenente Pietro Santini, sempre del Nucleo investigativo) oltre a due sottufficiali del Ris di Parma: Claudia Demerio e Ilaria Ingletti, entrambe della Sezione biologia del Reparto di investigazioni scientifiche di Parma. Morale: il dna del tunisino a cui è stato chiesto il campione era compatibile con il dna tratto dalla macchia di sangue trovata nell'appartamento di via Degani. Di qui a scoprire l'indentità del potenziale killer il passo è stato breve.
Era passata solo una settimana dal delitto ma gli inquirenti – come hanno confermato questa mattina – hanno mantenuto il più stretto riserbo nella speranza che lo straniero, non sentendosi braccato, facesse ritorno in Italia e in particolar modo a Piacenza, dove viveva da clandestino da qualche tempo; era anche stato fermato dai carabinieri in passato per altre ragioni e aveva alcuni precedenti penali. Di recente sembra che si fosse spostavo verso la Liguria tant'è che l'ultima traccia che ha lasciato è stata a Ventimiglia, appena prima di passare il confine francese. Ma in quel momento gli inquirenti non sapevano ancora chi cercare.
Ora il gip ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare ma sulla base degli elementi investigativi raccolti lo stesso giudice potrebbe dichiarare formalmente lo stato di latitanza dell'indagato e a quel punto la procura potrebbe chiedere un mandato di cattura internazionale che permetterebbe di collaborare con le forze di polizia estere.