E’ uno spaccato inquietante sulla sicurezza informatica dei dati sensibili, quello emerso durante l’udienza in tribunale a Piacenza nell’ambito del processo che vede imputati per truffa e falsa scrittura cinque ex dirigenti dello Spi Cgil. In pratica, secondo l’accusa, sarebbero stati iscritti al sindacato alcuni pensionati a loro insaputa (129 le persone che hanno lamentato l’accaduto).
Gli ex dirigenti sotto accusa sono Franco Sdraiati, ex segretario provinciale Spi, Nicola Gasbarro, già segretario organizzativo del sindaco pensionati Cgil, Anna Maria Nicocia, componente della segreteria dello Spi, Loredana Riva, ex direttrice del patronato Inca, e un operatore della Lega Spi-Farnesiana: Edgardo Musselli. Sono difesi dagli avvocati Fausto Cò, Roberta Prampolini, Monica Testa e Maria Cristina Gardella. la Cgil è rappresentata dal legale Boris Infantino.
Durante l’udienza, in mattinata, è stato ascoltato il perito Edoardo Arena, nominato dal giudice per le indagini preliminari di verificare in che modo i dati sensibili venissero gestiti. In sostanza, come i responsabili dello Spi Cgil utilizzassero i codici messi a disposizione dagli enti previdenziali, Inps, Inpdap e Inca che permettevano l’accesso ai vari database, i quali contenevano i dati dei pensionati piacentini.
Arena, nello spiegare il suo lavoro, ha evidenziato come “sia possibile su vari piani sostenere il teorema accusatorio di una manomissione dei dati sensibili”. Questo perché, ha precisato il perito, “vi era una gestione che può essere definita ‘familiare’ dei codici per accedere ai portali dei vari istituti previdenziali”. Ma ha poi aggiunto: “Non possiamo stabilire con certezza chi c'era dietro
quei computer della Camera del Lavoro”.
Ed è su questo aspetto che si sono basati i periti della difesa, Stefano Fratepietro e Riccardo Rimoldi, che hanno fatto presente come l’accesso a questi dati, certo, era da considerarsi “familiare”, visto che le password non venivano cambiate per anni, ma che molti accessi a questi dati sono risultati provenire da regioni del sud dell’Italia e, da regioni del nord, quindi neppure dall’Emilia Romagna. Sempre i periti della difesa hanno inoltre sottolineato che vi erano accessi anche da computer dotati di chiavetta e non riconducibili quindi allo Spi di Piacenza.
Sulla localizzazione, sono stati verificati accessi che provenivano “da Palermo o Empoli, utilizzando addirittura una chiavetta internet portatile. In quest’ultimo caso, quando nel mentre si utilizzava lo stesso codice – il 101 – a Piacenza”.
“C’era, sostanzialmente, una certa disinvoltura nel trasferire codici a terzi”, secondo Arena e questi accertamenti rappresenterebbero la “pistola fumante”, cioè la prova che dall’anomalia si sia potuto passare alla mala gestione dei dati e quindi del tesseramento dei pensionati piacentini a loro insaputa, anche se “non possiamo sapere con certezza chi c'era dietro quei computer”. Il lavoro del perito si è basato sui quattro computer, sequestrati alla Camera del lavoro e in uso ai dirigenti sotto accusa.
Le deleghe, infine, erano necessarie per avere accesso ai portali di Inps, Inpdap e Inca ma pare che anche in questo caso la procedura fosse piuttosto blanda e quindi facilmente aggirabile. L'udienza è stata rinviata dal giudice Maurizio Boselli al 24 giugno alle 11 del mattino.