L’ammonimento del vescovo non ferma il “miracolo” di San Bonico

L’ammonimento del vescovo non ferma il “miracolo” di San Bonico. Ieri sera, come ogni giovedì, sono state molte – forse più del solito – le persone accorse di fronte al piccolo gelso, che si trova sulla strada per Mucinasso, sul quale è stato installato un altarino con nel mezzo la statua di quella che è stata ribattezzata come la “Madonna della notte”, attorniata da centinaia di ceri e lumini. E’ qui che dal 2004 avviene l’apparizione, per mezzo di Celeste Obertelli. Un veggente, dice qualcuno. “Un semplice tramite di quel che Nostra Signora vuole comunicare” preferisce lui. Fatto sta che in quasi 10 anni,  grazie alle sue visioni della Madonna e ai tanti fedeli che credono nel fenomeno, San Bonico pare essere diventata la Medjugorie emiliana.

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Una circostanza che non è sfuggita alla Chiesa, la quale non si era finora espressa al riguardo. Lo ha fatto ieri in occasione della tradizionale festa del Sacro Cuore, tramite una lettera, il vescovo di Piacenza: “Fedeli state attenti”, ha messo in guardia monsignor Gianni Ambrosio. Non solo un ammonimento ma un vero e proprio studio carte alla mano. Dal 2009, ha infatti reso noto, si era premurato di affidare ad una commissione il compito di raccogliere elementi utili per una valutazione su quanto accade a San Bonico. “La commissione ha evidenziato il rischio di compromettere la dottrina cristiana sia per le omissioni o carenze nei messaggi, sia per il linguaggio usato nei messaggi stessi poco in linea con la tradizione cristiana” in sintesi il risultato. La preoccupazione da parte della Diocesi di Piacenza-Bobbio nasce da una circostanza ben precisa: l’incontro numero 463 in cui la Madonna avrebbe consegnato nelle mani di Celeste un’ostia. Caduta a terra, qualcuno sostiene di aver visto le sue mani sanguinare, di aver scorto un taglio e che la stessa ferita si era rimarginata nell’arco di pochi secondi. 

L’intervento del vescovo, però, non pare aver avuto l’effetto sperato. Ieri sera, già molto prima delle 21, la stradina tra San Bonico e Micinasso era completamente invasa dai fedeli, tra i quali molti provenienti da oltre provincia. Chi in auto, chi in camper, altri con pullman organizzati per l’occasione o in motorino, avevano tutti con sé il necessario per assistere a un “evento” religioso: rosari, crocifissi, medagliette raffiguranti i santi ma anche sedie in tela o stuoie per partecipare comodamente alla cerimonia.

Poi l’attesa di Celeste e finalmente la comunicazione: “Sarà qui a momenti, intanto preghiamo”. Lui arriva e l’auto si ferma proprio davanti al “gelso dei miracoli”. Scende un uomo massico ma dal viso acuto e gli occhi fissi oltre la folla, che lo attende trepidante. Scortato dalla famiglia, che lo protegge e lo sostiene, raggiunge il centro dell’arena che si è andata formando e inizia la preghiera. Dopo dieci decine di pater, ave e gloria il silenzio. Lui rivolge lo sguardo alle fronde degli alberi di fronte all’altarino e comincia la sua personale comunicazione con la Madonna. Lo registrano, visto che non tutti hanno la possibilità di ascoltare le sue parole, ispirate ma dette a fil di voce e con affanno. Seguono un’altra infinità di preghiere e ringraziamenti, tra i quali al Papa e a Padre Pio e successivamente la ripetizione all’altoparlante delle parole che la Vergine gli avrebbe comunicato: “Non abbiate paura a rimanere vicino al Signore. State uniti e andate a pregare. Andate in chiesa, tornateci, non abbandonatela”. Nessuna apparizione di ostie o stimmate tra le mani come si dice sia avvenuto in passato o altre scene di trasporto trascendentale. Si leggono, come di consueto, le lettere delle persone che dicono di aver ricevuto la grazia, dopo aver partecipato al momento preghiera in passato e, prima dei saluti, una donna al microfono precisa: “Non si accettano offerte, non ne vogliamo. Chi dovesse chiederne per la Madonna della notte è in malafede e mandatelo a quel paese. Ai lati della strada, trovate i santini, le preghiere e andate in pace”.

E’ adesso che, facendoci largo tra i molti che accerchiano Celeste Orbetelli  chiedendogli una grazia, una preghiera o ai quali basta anche solo sfiorarlo con una carezza, lo raggiungiamo e gli rivolgiamo alcune domande. “Non registrarmi, non rilascio interviste”, premette. Però a microfoni spenti risponde, eccome. “Cosa ne penso delle parole del vescovo? Dobbiamo pregare, più per lui che per noi. Io voglio bene al vescovo, bisogna volergli bene. Ma io ascolto la Madonna e se lei mi dice di venire qui io ci vengo. E poi mi fa piacere che parli di noi. Più ne parla e più gente viene” dice sicuro e non senza una punta di sarcasmo. Quando gli accenniamo se si senta o meno all’interno della tradizione cattolica, invece, risponde risentito: “Io so solo che da anni non perdo una messa, vado a pulire sempre la mia chiesa, i miei figli fanno lo stesso. Siamo molto devoti, perché dovremmo sentirci fuori dalla tradizione?”. Anche quando gli si chiede dell’ostia, comparsa in passato tra le sue mani, pur con gentilezza sembra sentirsi colpito nel vivo e risponde: “Guarda la mia mano, questa cicatrice non me la sono fatto da solo (nonostante il buio un segno di cicatrizzazione effettivamente è presente, ndr) . Quel che so è che la Madonna mi parla, mi dice di venire in questo posto e io lo faccio. Se le persone vogliono venire ad ascoltarla possono farlo”. E la Chiesa, perché sembra sempre avere timore di fenomeni simili al tuo? “Non lo so, io sono un ignorante – ripete più volte – però nella storia la Madonna ha sempre comunicato con i più umili. Non so altro, se non quello che mi comunica Nostra Signora”. Poi è lui a chiedersi: “Ma vi manda la Diocesi, che mi fate tante domande?”. E quando gli diciamo che siamo giornalisti, con un sorriso, è lui ad ammonire noi: “Ah ecco, allora pregate e scrivete la verità”.

Il capannello di persone ai piedi del santuario improvvisato sul gelso si ferma anche dopo la fine della cerimonia. Chiediamo a molti se, per loro, cambierà qualcosa a seguito delle parole del vescovo: “Non facciamo niente di male. Preghiamo e torneremo” risponde una signora. Le fa eco un’altra: “Nessuno mi spinge a farlo, è sempre un’emozione non facile da spiegare. Interiormente sento di venire e lo faccio”. “Che sia vero o no, pregare in comunità è sempre bello” sostiene un signore che, da par suo, aiuta alcuni anziani a salire su un pulmino che li riporterà verso Fontanellato. Infine, non sembrano essere presenti sacerdoti, ma una religiosa sì e non ha paura ad esporsi. Si chiama suor Luigina e viene da Viadana: “Quando c’è da pregare è sempre un incontro con il Signore, non un peccato” dice sicura, e poi aggiunge: “Quando si va in un posto a pregare è bene andare. Il sacrificio di Celeste, che non ha interessi, è da ammirare. Non possiamo misurare con il misurino quello che vuole il Signore. Io, le dico, se posso appena vengo”.

La gente, alla spicciolata, sparisce lentamente nel buio della via accompagnata dall’unico “miracolo” visibile a occhio nudo. Migliaia di lucciole, che, a dispetto dell’inquinamento cittadino, a San Bonico presidiano ancora la strada e il santuario della Madonna, in una notte che, grazie a loro, è molto meno scura.