In occasione del Cinquantesimo anniversario del gruppo di Piacenza, fondato nel 1963, Amnesty International dedicherà un'intera serata al tema dei diritti umani, attraverso interviste, letture ed esibizioni artistiche. L'appuntamento è previsto in Piazzetta Pescheria il 1 giugno alle 20:30. In caso di pioggia ci si sposterà sotto i portici del Gotico.
Per l'occasione si esibiranno:
– l'Orchestra della Scuola Italo Calvino con un repertorio verdiano
– la corale "Schola Cantorum" con brani del sud del mondo
– il gruppo teatrale "Le Stagnotte" con lo spettacolo "Ballata della cella numero 5", che racconta le vicende di alcune donne in un carcere negli anni 50
– Il gruppo "Danzinfesta" con lo spettacolo "Linea di Confine", balli di popoli perseguitati (Rom, Armeni, ebrei, arabi, ecc.)
Verrà esposta una mostra sul tema dei diritti umani a cura di diversi fotografi piacentini. Le esibizioni saranno intervallate da interviste e letture per parlare dell'attività di Amnesty come organizzazione internazionale e del gruppo di Piacenza in particolare. E a fine serata… GRAN FINALE A SORPRESA!
La nascita del gruppo piacentino di Amnesty si deve a Livia Cagnani: tutta la sua vita è stata vissuta sotto il segno dell'impegno in difesa dei diritti umani e della pace. Nata a Rottofreno nel 1920 da una famiglia di agricoltori, divenne maestra elementare e cominciò la sua carriera d'insegnante in Alta Valnure. "Si è sempre interessata di politica "dice la sorella Albertina" e per quei tempi era una cosa strana. Dicevano che aveva gusti da uomo. Era un po' ribelle, controcorrente". Fra i ricordi della sorella emerge un episodio dei primissimi anni '40 a Montosero di Bettola: l'amicizia con un gruppo di prigionieri slavi, il rimprovero dell'autorità ("Lei è una maestra, dovrebbe insegnare l'odio per il nemico"), la sua risposta: "Non vedo nessun motivo per odiarli". Dopo la guerra la laurea in lingua e letteratura francese e l'inizio dell'insegnamento in scuole medie e superiori.
Molto prima di dare vita allo storico gruppo di Piacenza di Amnesty International, questa gentile e schiva insegnante di francese è già una presenza attiva in tutti i movimenti che operano per il diritto dei popoli oppressi dal colonialismo all'autodeterminazione, per la pacifica soluzione dei conflitti e per la dignità di ogni essere umano, opponendosi sempre alla logica allora dominante, nel clima della "guerra fredda", della demonizzazione dell'avversario ideologico, ricercando sempre il dialogo ed opponendosi ad ogni ingiustizia, con la forza della non violenza e delle sue incrollabili convinzioni morali.
Negli anni '50, mentre torna da un viaggio in Francia, portando con sé documenti che denunciano le torture inflitte ai militanti algerini impegnati nella lotta per l'indipendenza insieme a documenti e materiali della resistenza algerina., viene fermata alla frontiera e consegnata ai gendarmi francesi che la trattengono in carcere e cercano con le minacce di spaventarla, ma senza nessun risultato: è solo uno dei tanti episodi che la sua naturale modestia ha tenuto celati anche a quanti hanno lavorato con lei e che affioravano per caso, nel corso di una normale conversazione, come fossero cose di nessuna importanza. Per questa estrema ritrosia a parlare di sé è difficile tracciare una mappa delle tantissime attività nel campo della solidarietà internazionale che Livia Cagnani ha svolto, oltre ad essere l'anima del Gruppo di Amnesty International: dall'appoggio al Tribunale Russell per i crimini americani in Vietnam alla mobilitazione per i dissidenti dell'Est europeo, dal Comitato per i diritti civili organizzato da Andrej Sacharov al movimento Charta 77.
Negli anni '60 è stata antesignana delle adozioni a distanza, prendendosi a cuore le sorti dei bambini vietnamiti. Informatissima su tutto quello che riguardava i diritti umani, con la casa zeppa di riviste e giornali di ogni parte del mondo, aveva tenuto una fitta corrispondenza con personaggi perseguitati che poi sono diventati importanti uomini di governo, da Ben Bella a Vaclav Havel: purtroppo molte di queste lettere sono andate perdute, magari prestate con generosità a qualcuno che aveva chiesto di poterle leggere e mai più restituite, insieme a messaggi di ringraziamento dalle Filippine, dall'Indonesia e da chissà quante altre nazioni.
Era naturale che Livia Cagnani fosse tra le prime persone in Italia ad accorgersi che un avvocato londinese aveva, nel 1961, lanciato un appello sul quotidiano Observer per la liberazione di tutti i prigionieri per motivi d'opinione in qualunque parte del mondo, raggruppando intorno alla sua iniziativa il primo nucleo di Amnesty International: l'obiettivo di Peter Benenson coincideva perfettamente con quello che era sempre stato il principio animatore dell'impegno di Livia Cagnani, quello di difendere qualunque persona perseguitata per le sue convinzioni politiche o la sua fede religiosa senza distinzioni, in qualunque paese del mondo.
Così, dai contatti subito presi da Livia Cagnani con la nuova organizzazione, nasceva nel 1963 il Gruppo di Piacenza di Amnesty International, il numero 6, uno dei gruppi storici nel nostro Paese, e al tempo stesso, sempre con la sua collaborazione attiva venivano poste le basi per la creazione della Sezione Italiana di Amnesty International. Per molto tempo il Gruppo di Piacenza ha avuto pochi membri attivi e pochissimi mezzi, ma l'instancabile attività di Livia Cagnani, le migliaia di lettere che ha scritto in difesa delle vittime di violazioni dei diritti umani, le visite tenaci a ambasciate e consolati, senza lasciarsi scoraggiare dalle porte chiuse e dalla lunga anticamera cui veniva costretta, hanno fatto sì che il Gruppo di Piacenza avesse negli anni '80, tra i gruppi italiani, il numero più alto di prigionieri liberati.
Nel 1993, per il ruolo svolto in quanto promotrice dei diritti umani, Livia Cagnani ricevette il premio "Solidarietà per la vita" al Santuario di Santa Maria del Monte di Nibbiano. In occasione della consegna del riconoscimento si legge nella cronaca della giornata che affermò che anche quel premio doveva essere utile al prossimo, servire come strumento di lotta contro i pregiudizi e come incoraggiamento per le altre persone, nelle quali vedere dei fratelli.
Poi quando il Gruppo è cresciuto nel numero di soci e nelle risorse economiche, mentre Amnesty International acquistava un ruolo sempre più importante e un peso sempre più riconosciuto fra le organizzazioni non governative, Livia Cagnani ha preferito, con la consueta modestia farsi da parte, lasciare a nuovi iscritti la carica di responsabile ufficiale e tornare a fare la semplice militante, ma fino all'ultimo è sempre stata l'anima autentica del movimento.