E’ entrato nel vivo il maxi raduno dei Sinti che resterà a Piacenza fino al 27 maggio prossimo. Un raduno di stampo prettamente religioso, fatto di incontri, testimonianze e preghiera. Molti sinti devono ancora arrivare: alla fine in tutto saranno circa 300 le roulotte per altrettante famiglie, provenienti da tutta Italia. Ci siamo recati nella zona industriale di Le Mose, nel piazzale dove si tiene la manifestazione: i presenti sono comunque già tanti, lo lascia intendere l’enorme distesa di roulotte che circonda un grande tendone blu sotto il quale è stato allestito un lungo palco adibito ad altare. Circondati da bambini incuriositi, abbiamo incontrato Luca “Benjamin” Seger, pastore della comunità Sinti e riferimento religioso di questo raduno.
Come si svolge una giornata-tipo di questo raduno?
“Già alle 6 del mattino un gruppo di fratelli si riunisce sotto il tendone per una prima preghiera. Alle 8 è la volta della prima riunione di preghiera ufficiale. Dopodiché nel corso del pomeriggio si alternano insegnamenti biblici per le donne a lezioni per i bambini. La giornata si chiude alle 20,30 con due riunioni di evangelizzazione ufficiali: una per gli adulti e una per i giovani”.
Un raduno unicamente di stampo religioso, qual è dunque la vostra religione?
“Noi non amiamo il termine “nostra religione”, spiego perché. Noi oggi siamo cristiani evangelici, prima il nostro popolo era di fede cristiano cattolica. La nostra era però una fede superficiale, non eravamo praticanti. L’etnia Sinti si basava sul principio del “mangiamo, beviamo perché domani moriremo”, vivevamo alla giornata, senza preoccuparci del futuro e senza pensare al domani. Poi abbiamo conosciuto nel profondo la parola di Gesù che ha cambiato questa nostra mentalità, ci ha fatto risorgere dalle tenebre e ha portato la luce nei nostri cuori, nel nostro popolo. E’ per questo che non amiamo il termine “nostra religione”, perché non possiamo dire di esserci convertiti dal cattolicesimo al cristianesimo evangelico, ci siamo convertiti dalla mancanza di fede alla fede, da una vita di peccato ad un Dio vivente che ci ha salvato e ci ha indicato la retta via. Lo scopo di questo raduno è proprio quello di affermare, raccontare e tenere vivo il cambiamento a cui siamo andati incontro grazie alla fede: ricordarlo a chi di noi crede già in Dio, testimoniarlo a chi ancora non ci crede per convertirlo. A questo servono le lezioni sulla Bibbia e le esperienze personali che i nostri fratelli raccontano pubblicamente salendo su quel palco”.
C’è stata un po’ di polemica su questo vostro raduno, particolarmente dura la Lega Nord. Voi, di tutta risposta, li avete invitati…è ancora valido l’invito?
“Certamente! Proprio per i motivi che ho detto prima, noi ci sentiamo in debito spirituale con Dio perché vivevamo nell’oscurità e nel peccato e Lui ci ha salvato. E’ nostro dovere quindi diffondere il messaggio di pace, gioia e salvezza non solo ai fratelli del nostro popolo ma anche ai cittadini italiani e in generale a tutte le persone che Dio mette sul nostro cammino. Da parte nostra c’è il massimo impegno per avere una buona reputazione, per essere onesti, trasparenti e sinceri, in altre parole per avere un cuore puro”.
Si parla di Rom e Sinti, che differenza c’è?
“E’ come un albero: c’è un tronco unico dal quale partono tanti rami. Non ci sono solo Rom e Sinti, ci sono tante altre etnie. E proprio di etnia si parla: cambia la lingua, cambia la religione, cambia la cultura. L’origine però è la medesima. Uno degli errori più comuni commessi da chi non ci conosce è credere che i Rom provengano dalla Romania. Non c’entra nulla: Rom significa ‘uomo’, la provenienza non è discriminante, ciò che ci differenzia sono i lineamenti culturali”.
Voi siete nomadi, però molti di voi hanno deciso di stanziarsi. Come mai?
“Sì, noi siamo nomadi per tradizione. Poi col passare del tempo alcuni di noi hanno deciso di passare ad una vita stanziale. Questo inizialmente ha creato numerosi problemi perché alcune città ci impedivano di fermarci, non ci davano autorizzazioni e permessi. Viaggiano ancora quei fratelli che hanno mantenuto il tradizionale mestiere di giostrai, ma anche loro sono rimasti coinvolti da queste problematiche: basti pensare che a volte le amministrazioni danno il permesso per le giostre ma non per le roulotte…e il giostraio come fa?”.