Proseguono gli interrogatori degli arrestati, nell’ambito della maxi-operazione antidroga dei carabinieri del Nucleo investigativo di Piacenza. Un’indagine che ha del clamoroso in città, visto che a finire in manette, oltre a sei sudamericani, vi erano anche sei poliziotti della Questura. Le accuse a vario titolo vanno dalla detenzione ai fini di spaccio, all’induzione e al favoreggiamento della prostituzione, al falso (per documenti alterati o attestazioni non veritiere su alcune pratiche).
Ieri sono stati ascoltati quelli detenuti nel carcere di Opera (Milano). “Ricevevamo solo ordini” è stata la risposta ricorrente alle domande del gip Giuseppe Bersani, alla presenza dei sostituti procuratori Michela Versini e Antonio Colonna.
I legali degli agenti Paolo Cattivelli (Vittorio Antonini) e Claudio Anastasio (Daniela Pelizzari e Cristina Bagnalasta) hanno chiesto, in linea con quelli ascoltati il giorno prima, gli arresti domiciliari per i propri assistiti.
Gli altri poliziotti arrestati sono: Luca Fornasari, Enrico Milanesi, Paolo Bozzini, Luciano Pellilli e l’ispettore della Penitenziaria Paolo Martino.
Ieri è stato poi il giorno dei sudamericani, tra i quali uno di loro ha deciso di rispondere alle domande. Si tratta di una donna, difesa dall’avvocato Elena Concarotti. Accusata di detenzione ai fini di spaccio, ha dato la propria versione dei fatti. Anche per lei il suo avvocato ha chiesto gli arresti domiciliari.
Gli altri sudamericani, Eridania Cortes, Gustavo Cortez, Alexis Mercedes Kelly, Mercedes De Los Santos non hanno invece risposto alle domande del gip. Un altro uomo è ancora latitante.
Infine, il pensionato piacentino Giorgio Cavaciuti, considerato il perno dello spaccio di cocaina in zona, si è avvalso della facoltà di non rispondere (è difeso dall’avvocato Andrea Perini). Nella sua abitazione sono stati trovati quasi due etti di cocaina, alcuni etti di hashish, decine di migliaia di euro in contanti oltre a gioielli e ad una pistola.
POLIZIOTTI E DETECTIVE PRIVATI – Ma le indagini continuano e permettono di mettere in luce una condotta, da parte dei poliziotti arrestati, che pare non essere stata proprio trasparente. L’accusa per alcuni di loro, tre in totale, è anche di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. In pratica, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, sembra che gli agenti si adoperassero come detective privati per risolvere questioni di tradimento coniugale, a fronte di un tornaconto in denaro o buoni di carburante. In un caso, l’incarico sarebbe arrivato dalla moglie di un imprenditore della zona e due di loro si sarebbero adoperati in pedinamenti e nel confezionamento di prove delle “corna” dell’uomo alla consorte (e avrebbero ricevuto una tessera per il carburante per varie centinaia di euro). Nell’altro caso contestato, un poliziotto si sarebbe fatto consegnare circa mille euro in contanti da una donna, sempre per raccogliere prove su una presunta relazione extraconiugale del marito.