Da Pete Seeger a Bob Dylan, viaggio nel folk americano con Adriano Vignola

Mezzo secolo di folk americano culminato nel trionfo degli anni ’60 con Joan Baez e Bob Dylan a farsi interpreti di quella «voglia di cambiare le cose» che ha segnato una delle epoche più affascinanti e controverse della modernità. Di velleità rivoluzionarie non c’era traccia, a dire il vero, ma questa sera nella splendida cornice dell’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant’Eufemia, si è respirato un po’ di quell’epoca. E lo si è fatto con le orecchie e con gli occhi. Le orecchie per ascoltare Adriano Vignola, la sua voce d’altri tempi, la sua intonazione perfetta e il suo tocco pulito sulle corde di una Taylor acustica da professionista del folk; gli occhi per guardare scorrere sul maxishermo alle sue spalle immagini che hanno segnato quella generazione e molte altre arrivate dopo.

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E proprio da un’immagine è voluto partire questa sera l’eclettico Vignola, medico, pittore, vignettista, scultore e musicista. E’ l’immagine del trio da cui è partita questa sua esperienza musicale attraverso il folklore di tutto il mondo e soprattutto americano di quegli anni: l’immagine in bianco e nero ritrae gli “Amici70”, gruppo fondato e «gestito» – parole di Vignola – da Sandro Pasquali, noto giornalista piacentino e anch’egli cantante, chitarrista e soprattutto grande innamorato della ricerca musicale legata ai testi, alle storie, alle persone; e le ballate di quegli anni interpretate dal trio Sandro Pasquali, Adriano Vignola e Valeria Melegari, di storie ne raccontavano davvero molte.

Spettacolo iniziato dunque tra gli applausi e qualche lacrima con l’omaggio a Sandro Pasquali, scomparso il 2 maggio scorso all’età di 75 anni per una devastante forma di fibrosi polmonare. Numerosi i volti noti (l’artista Franco Scepi e il preside della facoltà di odontoiatria di Parma Mauro Gandolfini, per esempio) tra il pubblico che ha seguito affascinato le spiegazioni di Stefano Pareti, già sindaco di Piacenza e assessore alla Cultura, che si è occupato di legare i brani interpretati da Vignola alle varie epoche nelle quali sono stati composti, conducendo la platea attraverso un viaggio affascinante iniziato con Woddy Guthrie e il mitico Pete Seeger (“rispolverato” di recente anche da Bruce Springsteen che gli ha addirittura dedicato un intero album acustico), passando attraverso le ballate tradizionali rese celebri dalla regina del folk-revival Joan Baez, icona pacifista degli anni ’60, sino all’ultimo Bob Dylan, quello di “Knockin’ on the heaven’s door”, forse tuttora il più grande cantautore vivente.  
«Ho scelto un repertorio che rappresentasse la nostra ricerca dell’epoca, quando avevamo il fisico e volevamo cambiare il mondo» spiega Adriano Vignola, ricordando l’origine del gruppo. «E qualcosa in effetti siamo pure riusciti a cambiare – conclude – anche se non proprio come avremmo voluto».