“La scuola dovrà giocare un ruolo strategico e cruciale per il cammino futuro della memoria: saranno proprio gli studenti e i docenti i protagonisti del difficile compito di tramandare un pezzo di storia, quello della tragedia delle Foibe, che chiede di non essere dimenticato”. L’appello è stato lanciato – nella celebrazione del Giorno del ricordo – dal presidente della Provincia Massimo Trespidi nel corso dell’evento commemorativo voluto dall’Amministrazione provinciale a palazzo Garibaldi in memoria della tragedia delle foibe e dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.
Oltre centoventi gli studenti delle classi quarte e quinte dei licei Respighi e Gioia e degli istituti Isii Marconi e Romagnosi in sala consiliare. A fare gli onori di casa il presidente del Consiglio provinciale Roberto Pasquali, che ha sottolineato “l’importanza di fare luce su un evento storico a lungo dimenticato”, con l’assessore al Sistema scolastico Andrea Paparo. Tante le autorità civili e militari presenti.
Dopo gli interventi istituzionali, è stato Piero Tarticchio, pittore, scrittore, giornalista pubblicista e presidente del centro di cultura giuliano-dalmata a parlare agli studenti. Nato in Istria vicino a Pola, ora residente a Milano, Tarticchio è stato costretto all’esodo nel 1947 dai partigiani del maresciallo Josip Broz Tito, che uccisero e gettarono nelle foibe sette suoi parenti. Insieme a lui Tito Sidari, vicesindaco del libero comune di Pola in esilio, che ha ringraziato la Provincia, le scuole e le autorità per la presenza alla commemorazione: “Una presenza – ha detto – che rappresenta l’avvicinamento a un pezzo di storia”. Ai ragazzi è stato mostrato un breve documentario dedicato alla drammatica tragedia delle foibe e all’esodo forzato. “Vado in Istria tutti gli anni – ha detto Tarticchio – nel giorno della commemorazione dei defunti a portare un fiore sulla tomba di uno sconosciuto perché non so dove sia mio padre. Il nazismo ha avuto la sua Norimberga ma nulla è stato fatto per accertare i criminali responsabili della tragedia delle Foibe se non un processo burla. Esiste oggi un forte problema di indifferenza e di comunicazione: su 31 libri di testo di storia che ho personalmente analizzato solo 2 riportano i fatti relativi alla tragedia delle Foibe in modo corretto”.
Di seguito l’intervento del presidente della Provincia Massimo Trespidi durante la conferenza
Pochi giorni fa in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha posto un quesito che definirei “storico”: “Ma non abbiamo ormai detto tutto su vicende di 70 anni fa? Ha senso ritornarci sopra ad ogni ricorrenza del Giorno del Ricordo?”. La risposta che il presidente Napolitano ha fornito è altrettanto storica. “Ebbene, si, – ha detto – ha senso. Ha senso per essere vicini a chi visse quella tragedia e ne può dare ancora testimonianza, per essere vicini ai loro figli e ai loro nipoti. Riconciliazione non significa rinuncia alla memoria e alla solidarietà. E ha senso perché quanto più i giovani, i ragazzi di oggi, si compenetrano con ogni passaggio importante, con ogni squarcio doloroso della nostra storia di italiani, tanto più potrà rinsaldarsi la nostra coesione nazionale e insieme con essa rafforzarsi la nostra voce in Europa”.
Con questo spirito oggi ricordiamo tutti quegli italiani, ma non solo, che furono vittime di una violenza che ancora oggi deve essere condannata. La tragedia delle Foibe è la tragedia di un territorio, la Venezia Giulia. Lì in una terra contesa per eccellenza allo spegnersi della seconda guerra mondiale nacque un moto di odio travolgente che portò ad esiti drammatici: gli italiani in Istria e Dalmazia furono vittime di una vera e propria pulizia etnica e politica da parte dei comunisti titini. Una prima ondata di violenze si ebbe alla fine del 1943: in quel periodo le persone infoibate furono, secondo le ricostruzioni, da 500 a 800. Nel 1945 i numeri della tragedia si fanno più alti: le stime più attendibili parlano di 4-5mila vittime, anche se altre ricostruzioni sono arrivate a calcolarne dalle 10 alle 12mila. In tutti questi casi la violenza efferata è denominatore comune: negli inghiottitoi naturali posti nel territorio del Carso, spesso usati per gettare le cose inutili da togliere di mezzo con rapidità, finirono i corpi di moltissime persone appena, e in qualche caso non ancora, giustiziate. A pagare con la propria vita furono fascisti, antifascisti non comunisti e oppositori di etnia slava: la motivazione di tipo etnico si abbinò a quella di tipo politico e il risultato si tradusse in un dramma collettivo. A partire dagli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale fino ad arrivare al nuovo secolo sono stati diversi gli elenchi, gli schedari, le liste, i quaderni e i documenti compilati per tentare di stabilire un numero preciso delle vittime. Ancora oggi rimangono alcuni punti interrogativi sull’esatta entità della tragedia ma quello che è certo è che si può parlare, come dicevo, di un dramma collettivo. In questo contesto il Giorno del Ricordo non è solo il giorno in cui si riscrive la verità di una storia che ci ha lacerato ma è prima di tutto il giorno in cui si riafferma il valore imprescindibile di ogni persona.
Lo studio della tragedia delle Foibe è una straordinaria occasione culturale e pedagogica per superare stereotipi e pregiudizi, per un impegno comune di solidarietà. La maniera di ricordare e di commemorare è profondamente cambiata. Sempre più è legata alla ricerca, all’approfondimento critico, all’espressione creativa. Sempre più si indagano fatti specifici, si rincorrono memorie individuali, si ricostruiscono singole storie, si ricercano testimonianze e le si fissano in un racconto che duri nel tempo a beneficio soprattutto delle generazioni future. Oggi abbiamo la fortuna di poter incontrare e colloquiare con i testimoni diretti di quello che è stato. Ma cosa succederà in futuro quando questo non sarà più possibile? Occorre già da adesso porsi il problema di come sarà il cammino futuro della memoria. Sono sicuro, in qualità di insegnante, oltre che di presidente di questa Provincia, che la scuola dovrà giocare un ruolo strategico e cruciale. Da un lato gli studenti saranno chiamati a studiare quello che è stato: servirà a loro un bagaglio di conoscenze e di materiale documentario non approssimativo ma al contrario puntuale e il più possibile preciso. Dall’altro i docenti avranno l’arduo compito di tramandare una parte della nostra storia che ancora oggi mostra lacune e dubbi. Occasioni come quella di oggi rappresentano un deciso passo avanti in questo senso: aiutano a costruire storia e memoria e a consegnare alle nuove generazioni un bagaglio di conoscenze importante.
Cicerone diceva che “la memoria si indebolisce se non la si esercita”. E’ per questo motivo che oggi ci troviamo qui: per esercitare la memoria. Per comprendere a pieno quello che è stato e, parallelamente, costruire noi stessi un tassello di storia. Accogliamo dunque la testimonianza che ci è offerta consapevoli del fatto che essa stessa è storia.