Pomodoro, trattativa bloccata: Confagricoltura Piacenza preoccupata

Manca ancora un prezzo di riferimento per il pomodoro da industria nella prossima campagna. Nei giorni scorsi il confronto tra industria di trasformazione ed organizzazioni di produttori (OP) è finalmente entrato nel vivo; dopo i buoni propositi enunciati sui giornali, l’industria ha subito manifestato i suoi obiettivi: riportare il prezzo ai livelli del 2010, prima dell’introduzione del disaccoppiamento (dagli 88 euro/t del 2011, agli 84 euro/t del 2012 ai 71 euro/t proposti per il 2013, – 20%). Questo è il prezzo di riferimento, giudicato equo dall’industria, ovviamente a patto che contestualmente si riducano ancora le superfici di almeno un ulteriore 20%. In un mercato internazionale del pomodoro che continua a crescere, queste sono le prime richieste avanzate dai trasformatori. “La trattativa si è arenata – spiega Enrico Chiesa, Presidente Confagricoltura Piacenza – ad oggi i produttori non ravvisano alcun motivo per addivenire ad un accordo reputato insoddisfacente per quanto riguarda il prezzo base di riferimento ed inaccettabile per la mancata volontà di rivedere le tabelle quali-quantitative che nella scorsa campagna hanno generato non pochi problemi. La questione delle tabelle è annosa – spiega Chiesa – auspichiamo che il Distretto del Pomodoro riesca ad esercitare il proprio ruolo di mediazione”. Il rischio è che si arrivi, oltretutto tardivamente, alla definizione di un prezzo non sufficientemente remunerativo per la parte agricola che deve compiere nelle prossime settimane le scelte di semina. Servono tabelle qualitative che siano più trasparenti e univoche e non si ritorcano, come a volte è successo in passato, contro i produttori con dinamiche interpretative poco chiare. “Il dato di fatto è che la coltura del pomodoro da industria perde di anno in anno redditività – sottolinea Chiesa – a fronte di un prezzo che ancora manca, sono invece già ben consistenti gli aumenti dei costi produttivi, peraltro da anni costantemente crescenti e l’incremento della tassazione a carico del settore”. l’Imu sui terreni, le quotazioni del gasolio agricolo alle stelle, gli agrofamarci con costi sempre più proibitivi certo non incentivano alla messa in campo di una coltura impegnativa sotto tutti i punti di vista. “Stiamo monitorando la situazione interfacciandoci con le organizzazioni di produttori – conclude Chiesa – e valuteremo le possibili azioni, al fine di sollecitare una pronta e maggior attenzione per una programmazione razionale e un ritrovato clima collaborativo, indispensabile per tenuta dell’intera filiera. Chiediamo a tutti un’assunzione di responsabilità per il bene del comparto”.

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