Sviluppo economico e riforme della giustizia sono i temi su cui verte l’intervento del guardasigilli Pala Severino, questa mattina ospite dell’Università cattolica di Piacenza nell’ambito della serie di eventi organizzati per i sessant’anni della sede di San Lazzaro. Prima della sua lectio magistralis, il ministro è stato avvicinato dai giornalisti e ha risposto ad alcune domande.
Con riferimento al governo e alla possibilità di un Monti bis, il ministro Severino ha detto chiaramente che è necessario tornare a un governo politico, espressione della volontà degli elettori.
Le abbiamo chiesto cosa ne pensa della recente decisione della Consulta di bocciare l’obbligatorietà della mediazione, decisa lo scorso anno con uno degli ultimi provvedimenti del governo Berlusconi (provvedimento apprezzatissimo da alcuni, convinti che avrebbe snellito la giustizia, e osteggiato da altri, più che altro avvocati, convinti che al contrario avrebbe appesantito ancora di più il sistema). «Non è una bocciatura definitiva – ha risposto il ministro, rivelando che il provvedimento poteva in effetti essere una risorsa importante in tema di snellimento delle procedure – Ora attenderemo le motivazioni della Corte costituzionale dopodiché valuteremo come poterci muovere, magari per perfezionare l’iniziativa».
E’ quindi stato il momento del convegno dedicato, come detto, al macrotema della giustizia e dell’economia. Convegno introdotto dal professor Franco Anelli, prorettore vicario della Cattolica. Particolarmente sentito l’intervento di Annamaria Fellegara, neopreside della facoltà di economia e giurisprudenza: «La stimiamo molto – ha detto rivolgendosi al ministro, nonché docente universitaria – e speriamo che al termine della sua lezione il termine speranza sia più realistico. Qui c’è sete e fame di giustizia».
Dopo altri interventi, compreso quello del professor Francesco Centonze, penalista della Cattolica, è stata la volta del ministro.
«Sono molto legata alla Cattolica per vari motivi – ha detto – Principalmente perché Federico Stella è stato uno dei miei maestri e lo è stato per molti di voi: è stato un innovatore nella scenza del diritto penale; è stato tra i primi a credere nel forte legame tra il diritto penale e l’economia, insieme al suo nemico-amico Crespi».
E ancora: «Dobbiamo costruire una nuova generazione di economisti-penalisti e viceversa. Nei primi incontri con il presidente Monti c’era una certa distanza per estrazione e formazione. Nel tempo si è cementato un rapporto assolutamente proficuo. Sono convinta che le due materie, diritto penale ed economia, siano sempre più legate».
Il ministro ha quindi iniziato quella che lei stessa ha definito non una lezione ma una «conversazione con voi studenti». «In questo anno di governo ho condotto l’esperimento di legare sempre di più il diritto penale e l’economia, e che questo possa accadere ne sono assolutamente convinta». «Non c’è sviluppo senza giustizia e dev’essere una giustizia sana. Questo è il presupposto. Va detto che l’Italia è la culla del diritto, a partire dal diritto romano, che è la materia unificante in Europa. In uno dei miei primi incontri, con il ministro della giustizia russo, ci siamo trovati ad avere come elemento comune il diritto romano. E’ questo l’argomento che ci rende noti e apprezzati in Europa».
Per quanto riguarda la qualità della Giustizia, invece, qui esistono carenze ben visibili. Devono esistere criteri scientifici di valutazione per misurare la qualità del sistema in rapporto allo sviluppo economico, ha sostenuto la Severino.
«Di recente il nostro sistema ha faticato ad essere punto di riferimento – ha detto – In Italia il problema della giustizia, soprattutto civile, è un problema di efficacia. Deve essere rapida e non eccessivamente costosa. Ancora: deve essere una giustizia che rende certi degli esiti e che limiti la possibilità di ricorsi opportunistici. La durata dei processi è enorme rispetto agli altri paesi: si parla di oltre 400 giorni contro i 200 della francia. In Italia ci sono differenze enormi: 800 giorni è la durata media del processo a Torino, oltre 2000 a Bari».
Il problema ha quindi delle ricadute molto concrete: tempi lunghi e assenza di certezza delle sanzioni scoraggiano gli investimenti nel nostro Paese.
E’ stato calcolato, ha quindi aggiunto Paola Severino, che se la giustizia fosse più efficiente del 50% e se quindi i tempi della giustizia venissero ridotti del 50%, la natalità delle imprese si incrementerebbe del 20%. Un dato importantissimo.
E per tentare di avvicinarsi a questo obiettivo, il ministro Severino ha parlato di una strada, evidentemente tortuosa: il cambiamento della geografia giudiziaria. Bisogna ottimizzare i tempi e le specializzazioni per rendere tutto più efficiente. I magistrati devono saper organizzare al meglio i loro uffici, devono essere un po’ «imprenditori, senza voler offendere nessuno». In Italia ci sono ottimi esempi: Torino su tutti, ma anche Catania.
Noi stiamo andado in questa direzione, dice Severino. «Cero, però – sottolinea – ci vuole tempo. Il tempo serve perché le riforme devono essere strutturali. Ed è quel che sto dicendo in Europa».