Da diversi anni tiene banco il dibattito circa le politiche energetiche da attuare nel prossimo futuro in Italia e, come troppo spesso accade, quando si devono affrontare argomenti fondamentali come quello in discorso, la caciara domina i talk show televisivi e i “salotti buoni” dove queste decisioni devono essere prese.
Da troppo tempo siamo costretti, anche sul territorio piacentino, a vedere letteralmente consumato il suolo su cui viviamo per far spazio a distese di pannelli solari o, come sta accadendo a Nicelli di Farini, ad azzardati impianti eolici.
L’Italia, che purtroppo non brilla per oculatezza quando si tratta di spendere denaro pubblico, dovrebbe guardare con attenzione ciò che accade in Paesi moderni ed evoluti come gli Stati Uniti d’America e l’Inghilterra, per capire ciò che deve fare in casa propria in materia di energie rinnovabili.
Da un lato infatti gli americani, che negli anni scorsi si sono dimostrati pionieri negli investimenti nella cosiddetta green economy, si trovano oggi difronte una triste realtà: aver attuato una tra le politiche energetiche più fallimentari che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto. I tanti miliardi di dollari elargiti in sussidi (ovviamente pubblici) ad aziende del settore “verde” ha avuto come diretta conseguenza il fallimento di una ventina di aziende nate proprio in seguito ad una politica di finanziamento pubblico “a pioggia”, a causa della quale venivano destinati fondi anche ad imprese prive di un benché minimo piano di sostenibilità finanziaria. Ciò nonostante pare che il Presidente Obama, appena riconfermato, intenda proseguire con questa politica energetica che, a tratti, pare essenzialmente ideologica.
Oltre manica, invece, il giovane David Cameron lancia segnali diametralmente opposti; in Inghilterra infatti la “smania ecologista” sta lasciando finalmente spazio a politiche energetiche ,forse meno affascinanti sul piano del consenso elettorale, ma sicuramente più razionali e quindi meno costose per i contribuenti inglesi.
Il messaggio lanciato dal ministro inglese Jhon Hayes è forte e chiaro, soprattutto perché rilasciato a seguito di un importante convegno della lobby del settore eolico: frenare l’installazione di nuovi impianti eolici sul territorio inglese in quanto non convenienti sul piano economico e dell’approvvigionamento energetico.
Si evidenzi inoltre che l’Inghilterra è il paese nel quale, per primo, fu inaugurata la centrale eolica più grande del mondo e che al governo, insieme ai conservatori di Cameron, siedono anche i liberal democratici di Nick Clegg, storicamente ecologisti e molto sensibili ai tempi dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile.
Chi scrive ritiene che nel nostro Paese, in particolare a livello periferico, si dovrebbe andare con “i piedi di piombo” quando si tratta di stuprare letteralmente il suolo nazionale per far spazio ad interventi come quello che sta interessando il comune di Farini.
È pur vero che a sospettare si fa peccato, ma è altrettanto vero che spesso, oltre a commettere il peccato si ha anche ragione. Un autentico peccato sarebbe, invece, scoprire che, dietro alle sbandierate politiche energetiche del Comune di Farini, si nasconde qualche interesse economico occulto da soddisfare a discapito dell’interesse dei cittadini.
Stando ai dati resi noti dai vari soggetti coinvolti nella vicenda, pare che nella frazione Nicelli non vi siano le condizioni tecniche per poter trarre giovamento dall’installazione delle pale eoliche (in particolare: velocità media del vento, mediamente troppo bassa e tipologia del terreno).
L’esempio statunitense mostra chiaramente gli effetti distorti che possono derivare da una politica energetica distorta, fatta di soli sussidi pubblici; ma gli ecologisti sono generalmente portati a credere che il mercato delle rinnovabili non decolli per carenza di fondi, anche se l’esempio inglese e quello statunitense dimostrano l’esatto contrario.
Le amministrazioni locali in questo contesto devono assolutamente svolgere l’importante ruolo di “sentinelle” della legalità e del buon senso e non dovrebbero scendere a patti con gli speculatori che stanno (peraltro riuscendoci) lucrando sulla nostra più importante risorsa: la bellezza del patrimonio paesaggistico italiano.
Ormai pare che a Farini le scelte siano già state adottate nelle sedi competenti quindi ai cittadini di Farini e agli amanti di quelle meravigliose zone non resta altro che aspettare i primi riscontri (concreti) sull’opportunità economica di un tale intervento, nella speranza di doversi scusare per aver dubitato delle capacità dell’amministrazione locale.