Prezzi dei suini ai minimi storici con quotazioni che superano di pochi centesimi l’euro e costi di produzione alle stelle, determinati anche dalla forte impennata dei prezzi cerealicoli. Nemmeno vent’anni fa i prezzi dei maiali erano così bassi ma con le materie prime e i costi produttivi decisamente più bassi. Lo denunciano l’Asser (Associazione suinicoltori dell’Emilia Romagna), Cia, Confagricoltura e Copagri. Gli allevatori di suini subiscono da anni una consistente contrazione delle marginalità, compressa da una concorrenza crescente dei prodotti provenienti dall’estero, di minore qualità e con costi di produzione fortemente competitivi. L’Italia, peraltro, importa oltre il 40% del proprio fabbisogno di carne suina in assenza di qualsiasi sistema di indicazione dell’origine che possa informare il consumatore rispetto al luogo di produzione e macellazione delle carni. "Registriamo inoltre una crescente produzione nazionale, non accompagnata da una regolamentazione dei mercati interni e stranieri – spiegano le associazioni- mentre la filiera è gravata da oneri derivanti dalle normative ambientali e sanitarie e da costi del ‘sistema Paese’ che vanno a pesare in modo significativo sui costi di produzione: energia, costo del lavoro, trasporti, costi amministrativi". Le origini della crisi stanno nella difficoltà crescente a recuperare quote di valore aggiunto nel mercato finale, soprattutto nel quadro dei rapporti con la Gdo, Grande distribuzione, e per gli effetti depressivi dell’import di carni destinate ai prodotti Igp, Indicazione geografica protetta. "E’ purtroppo un dato di fatto che a fronte di un realizzo medio per il produttore di circa 1 euro al chilogrammo, al di sotto quindi dei puri costi di produzione, il consumatore spende per gli acquisti di carne suina una media attorno agli 8 euro" spiegano le associazioni, che denunciano anche eccessivi carichi burocratici e oneri. "Apprezziamo il percorso proposto di semplificazione del settore zootecnico avviato dal Dicastero agricolo e l’avvio del Tavolo di filiera – proseguono le organizzazioni – e riteniamo che la bozza di Accordo di intesa della filiera suinicola sia una buona base di partenza a cui propongono rafforzamenti adeguati". La pesantissima e prolungata crisi è causata da elementi strutturali superabili solo con politiche concertate all’interno della filiera, con il sostegno ed il concorso delle Istituzioni. "Chiediamo alle Istituzioni nazionali e regionali di sensibilizzare le imprese di trasformazione di salumi Igp su percorsi di rafforzamento del legame della materia prima con la tradizionale area di produzione locale dei suini – sollecitano ancora – oltre prevedere l’indicazione volontaria di provenienza delle carni dall’area di produzione nazionale". Sostegno del settore da parte della regione Emilia Romagna, anche con allocazione di adeguate risorse per progetti di filiera nell’ambito del Prsr (Piano regionale di sviluppo rurale) , e l’impegno ad evitare che l’applicazione difforme delle norme ambientali ed urbanistiche possa danneggiare gli allevatori suinicoli rispetto ai colleghi delle altre regioni padane, sono le altre richieste.