Questa mattina, sabato 17 dicembre, il vescovo monsignor Gianni Ambrosio si è incontrato, nella Sala degli Affreschi di Palazzo Vescovile, con gli Amministratori civici e con le autorità della comunità piacentina. Ampiamente rappresentata la giunta del Comune di Piacenza guidata dal sindaco Paolo Dosi, con lui diversi assessori. Presenti anche altri sindaci della provincia di Piacenza. Tra le autorità il prefetto Anna Palombi, il questore Salvatore Arena, il comandante dei carabinieri Corrado Scattaretico.
Monsignor Ambrosio aveva al proprio fianco il vicario generale Luigi Chiesa. Ha introdotto l’incontro Massimo Magnaschi dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro: era questo il compito negli anni passati di mosnignor Eliseo Segalini, ora impedito da problemi di salute. Un augurio è stato indirizzato al sacerdote. Il vescovo, nel suo messaggio, si è rifatto agli ottant’anni del Papa e all’Europa: ai presenti ha fatto dono del testo del discorso che Papa Francesco ha pronunciato in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno.
IL DISCORSO DI MONSIGNOR GIANNI AMBROSIO
Quest’anno ho pensato innanzi tutto a un fatto: oggi, come sappiamo, Papa Francesco compie 80 anni. Insieme agli auguri che gli sono pervenuti da tutto il mondo, gli porgiamo anche i nostri. Qualche giorno fa, con la sua immediatezza e serenità, Papa Francesco ha parlato di «vecchiaia giovane» per «continuare a essere testimone di Cristo». Dire "vecchiaia giovane" per essere testimone di Cristo equivale a dire tutto. Vuol dire conversione per seguire Cristo, vuol dire missione per diffondere la gioia del vangelo. Vuol dire anche visione con un grande orizzonte su ogni aspetto della vita.
Vorrei evidenziare questa visione ampia e aperta di Papa Francesco in riferimento all’Europa, servendomi di un suo Discorso pronunciato il 6 maggio 2016 in un’occasione che non ha avuto grande risonanza in Italia, e cioè il conferimento del Premio Carlo Magno a Papa Francesco. È un premio prestigioso conferito dalla città di Aquisgrana" (Aachen) a personalità con meriti particolari in favore dell'Europa. erano presenti tutte le autorità europee, non solo tedesche. Il premio è intitolato a Carlo Magno, considerato il costruttore politico dell'Europa unita. Ogni città vuole avere il suo primato. Non dimentichiamo che la mattina del Natale dell’anno 800 a Roma papa Leone III incornò Carlo Magno imperatore. Però è anche vero che Carlo Magno aveva scelto Aquisgrana come sua residenza preferita. Qui aveva fatto costruire la sua cappella palatina, ora è la cattedrale, consacrata nell’804 da Leone III. Il premio risale al 1949-50, quindi prima della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) (1951) e, successivamente dell’Unione europea.
Il piccolo omaggio che vi offro riporta il Discorso del Papa. Può essere utile per affrontare i problemi dell’Europa di oggi e per prepararci a celebrare la firma dei Trattati di Roma (1957, 50 anni fa). Mi limito a sottolineare questa visione grande dell’Europa di Papa Francesco. È ciò che colpisce, tanto più che egli è nato in Argentina, in un altro continente, anche se da genitori italiani. Mi sono chiesto: cosa significa questo sguardo ampio? Significa che dobbiamo correggere la nostra miopia che vede solo l’Europa politica. Quando parliamo di Europa, subito il pensiero va alle istituzioni politiche europee. Ma le istituzioni politiche sono solo la dimensione dell’Europa, non sono l’Europa. Vorrei solo richiamare ancora una volta il nostro san Colombano. Nostro patrono, anche se nato in Irlanda, Non c’era Bruxelles o Strasburgo come sedi politiche istituzionali, ma Colombano per due volte usa il termine Europa, tutta l’Europa, con popoli diversi, compresi quelli dell’Irlanda, la Hibernia mai conquistata dai romani. Fanno parte dell’Europa: Colombano scrive questo attorno all’anno 600, millequattrocento anni fa rivolgendosi al Papa per risolvere importanti problemi. Faccio un salto nel tempo. L’anno prossimo celebriamo anche i 40 anni dalla morte di Giorgio La Pira. Nel 1953, scrisse: “L’Europa significa un certo complesso di valori sociali, politici e culturali, radicati nell’Evangelo e centrati attorno alla persona umana…”. (Giorgio La Pira, appunti manoscritti per Discorso ai rappresentanti delle Nazioni, Firenze, 20 giugno 1953).
Credo che la miopia di molti cittadini europei – la visione piccola e sfocata dell’Europa – sia una patologia seria, ma la malattia è correggibile e forse anche guaribile. Ma si esige una cura che non riguarda gli occhi ma l’apertura della mente per non cadere in pericolosi equivoci.
Mi pare sia l’indicazione preoccupata ed anche incoraggiante del Papa: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”. Sono sue parole, Europa umanistica, paladina dei diritti, madre. Parole impegnative e coraggiose. Non sono retorici questi interrogativi. Sono un invito a correggere la nostra visione riduttiva dell’Europa, ben più antica e ben più grande dell’Europa politica e economica.
Questo nostro tempo, con tutte le sue sfide, alcune anche inedite, non permette la miopia, non permette la mediocrità del piccolo sguardo, ma richiede uomini e donne che abbiano un senso esigente dei valori comuni e del bene comune per la crescita dell’Europa. Questi tre temi sono intrecciati: la crescita dell’Europa, i valori comuni e il bene comune. Non solo crescita economica, ma crescita umana e culturale. Si richiede uno sguardo ampio, che riconosce il passato e guarda al futuro. Cosa ti è successo? Non possiamo non intuire e sentire anche una certa delusione nei confronti della costruzione europea.
È molto lontano il tempo dei Padri Fondatori dell’Europa, da Robert Schuman a De Gasperi e Adenauer. Per queste persone e per molti cittadini c’era una visione di un bene comune europeo e di un futuro da ideare e costruire insieme. Ma oggi, nel contesto di una globalizzazione basata su una competitività sorridente e selvaggia, senza tregua e senza pietà, l’Unione Europea non sa più tradurre in volontà politica ciò che ha avvicinato i paesi dell’Unione Europea. E quindi cresce la voce dello scetticismo che coinvolge non solo la vicenda politica ma la stessa Europa.
Il Papa ci dice: la mondializzazione dei problemi economici e sociali culturali esige che l’Europa si impegni per la rinascita dei valori umani e spirituali, che sono il fondamento dell’azione politica. In questo tumultuoso inizio del terzo millennio, è ancora più necessario “l’identità europea è legata al tema dei valori”. Forse il termine può essere ritenuto insufficiente. Qualità, doti, virtù intellettuali e morali. L'insieme delle qualità morali e intellettuali che sono generalmente considerati il fondamento positivo della vita umana e della società (ideali, principi morali, tradizioni religiose).
La consapevolezza di una eredità comune di valori condivisi, e le vie di una solidarietà ritrovata nella prospettiva del bene comune sono cruciali per l’Europa di oggi. Mi fermo qui, ma vi inviterei a leggere e ad approfondire questo Discorso del Papa.
Concludo con le sue parole incoraggianti: “Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, «un costante cammino di umanizzazione», cui servono «memoria, coraggio, sana e umana utopia». È l’invito di un ottantenne dalla vecchiaia giovane all’Europa un po’ miope perché ritrovi un po’ di giovinezza.