Trattato di libero scambio con il Canada: “Timori per i nostri agricoltori”

La Ue ha detto sì al Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada. Il trattato (Comprehensive Economic and Trade Agreement, cioè accordo globale per l’economia e il commercio) apre una nuova era nel commercio tra le due parti che in-sieme costituiscono un mercato di 536 milioni di consumatori (gli scambi valgono circa 60 miliardi l’anno). Il Trattato abolirà il 99% dei dazi. Il problema, però, considerato che una grande fetta del business riguarda l’agroalimentare, è se verranno garantiti – così com’è indicato nel Trattato – i controlli e se nei nostri piatti non arriveranno prodotti con-trari ai nostri standard di sicurezza, che non sarà alterata la tradizione alimentare e che – anche questo è fissato nell’accordo – saranno rispettati i prodotti a denominazione. Il Trattato stabilisce, infatti, che saranno tutelati i marchi di indicazione geografica per i prodotti alimentari.

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Il Consorzio La Carne che Piace si preoccupa di garantire la trasparenza e l’originalità all’agroalimentare italiano che verrà esportato e la sicurezza e la salubrità dei cibi che invece saranno importati. «E lo fa a ragione – spiega il presidente Giampaolo Maloberti – perché durante la discussione sul Ttip, che avrebbe arrecato danni devastanti alla no-stra filiera alimentare, si diceva che il Ceta fosse la porta d’ingresso del Ttip».

Se è vero che restano fermi gli standard ambientali e di sicurezza alimentare, continua il Consorzio, occorrerà vigilare affinché gli stessi siano rispettati. I cibi canadesi distribuiti nel mercato Ue, afferma il trattato, dovranno rispettare i vincoli comunitari su ogm e or-moni della crescita. «L’agricoltura italiana – dice Maloberti – è vessata da tasse, leggi e vincoli, sia nazionali sia europei, senza pari. Non vorremmo che i produttori e i trasfor-matori italiani, nel nome del “libero e vantaggioso mercato” venissero invece penalizzati sempre più. Già nella Ue ci sono disparità enormi, ad esempio, fra il trattamento riserva-to agli allevatori italiani e a quelli di altri Paesi, soprattutto dell’Est. Questo incide sul red-dito di chi alleva (carne, latte, suini), ma a nessuno sembra importare. Perché non si ap-plicano in tutti gli Stati Ue i controlli certosini che subiscono gli allevatori italiani?».

Secondo studi economici, riportati da repubblica.it nel maggio di quest’anno, indicano che con l’eliminazione della tariffe Ue aumenteranno le importazioni di carni, latte e for-maggio statunitensi, a scapito dei guadagni degli europei. Ad esempio, solo per latte e formaggi, è previsto un import Usa di 5,4 miliardi di dollari, mentre l’export Ue arrivereb-be a un massimo di 3,7. Altro tema fondamentale è la coltivazione Ogm. Nel marzo di quest’anno, ricorda il Con-sorzio piacentino, l’Italia ha ufficialmente detto no agli Ogm (insieme a una ventina di al-tri Paesi europei), sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata la De-cisione di esecuzione (Ue) 2016/321 della Commissione, che modifica l’ambito geogra-fico dell’autorizzazione alla coltivazione del granturco geneticamente modificato (Zea mays L.) Mon 810. Insomma, sarà vietata la coltivazione di mais Mon 810.

Ma tutto questo potrebbe non bastare. «Da più parti – sottolinea Maloberti –  si sono alza-te voci contro il Ceta. E a ragione, riteniamo». Ad esempio, l’eliminazione degli “ostacoli” alla produttività delle aziende porterà in realtà a una diminuzione della sicurezza alimen-tare, dei diritti dei lavoratori e delle tutele ambientali. E ancora: La risoluzione delle con-troversie tra aziende e Stati sarà affidata a nuovi tribunali, nei quali le multinazionali po-tranno avanzare cause miliardarie contro i singoli Paesi, per tutelare i loro profitti. Insomma, il Consorzio La Carne Piace invita a non abbassare la guardia. Tutte le “me-raviglie” e i grandi guadagni promessi da chi ha firmato, purtroppo, cozzano contro aspetti ancora in ombra. Solo per citare un caso. Il 29 giugno di quest’anno, International Business Times – che ha ricordato come i marchi italiani tutelati siano soltanto 40 – riportava la dichiarazione di un esperto di tutela dei marchi, Bernard O’Connor. «Secondo O’Connor, con le disposi-zioni contenute nel CETA, i nomi di prodotti tipici dell’agroalimentare italiano come “moz-zarella”, “mortadella” e gorgonzola” potranno essere usati senza problemi su prodotti canadesi, a patto che non ci sia la bandiera italiana sulla confezione. Dopo l’approvazione dell’accordo nessun altro prodotto europeo, di quelli attualmente ricono-sciuti come IG, potrà essere protetto in Canada».

 

IL CONSORZIO LA CARNE CHE PIACE

Il Consorzio, nato a Piacenza nel 2014, riuni-sce oltre 30 soci, tra allevatori (bovini e suini), macellatori, trasportatori: tutti impegnati nel nome della qualità, della sicurezza e della bontà della carne. Ha un proprio discipli-nare di produzione che impone, tra l’altro, regole rigide sull’alimentazione e il benessere animale. Tra le altre prescrizioni, è indicato che negli ultimi sei mesi di vita gli animali sa-ranno alimentati con semi di lino (carni più ricche di Omega 3) e i farmaci verranno ab-battuti del 30%. E’ stabilita una frollatura di almeno tre settimane dopo la macellazione. Molti degli animali del Consorzio vengono allevati all’aperto.