"E’ vero che i salumi piacentini sono bloccati dalle leggi sanitarie Usa, come ha spiegato l’assessore all’Agricoltura Simona Caselli. Una penalizzazione che ci esclude da un mercato che apprezza sempre più il Made in Italy. L’export verso gli Stati Uniti dei prodotti emiliano romagnoli è già decollato e dopo il +28,5% messo a segno nel 2015 anche nel 2016 ha registrato +8,9% nei primi sei mesi del 2016. Il problema, però, in questo caso non sta tanto nel mancato invito da parte della Regione Emilia Romagna – la quale spesso però è solita dimenticare Piacenza, dai trasporti all’agroalimentare – a portare a New York le aziende piacentine, quanto nella solita carenza cronica di una strategia di marketing territoriale ed extraterritoriale. Un marketing che dovrebbe vedere in prima linea le istituzioni e le aziende. Purtroppo, entrambi sono latitanti". E’ il commento del Consorzio La Carne che Piace alla recente polemica nata dal mancato invito dei salumi piacentini al tour a New York organizzato dalla Regione con i prodotti della Food Valley, Piacenza esclusa naturalmente.
Un punto importante lo ha messo a segno alla fine di settembre la Lombardia – non l’Emilia – dopo mesi di pressing sul ministero delle Politiche agricole: la Cina – primo mercato mondiale per la carne suina – ha riconosciuto l'indennità da malattia vescicolare della Macroregione del Nord, aprendo l possibilità di esportare a Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Valle D'Aosta, Veneto e Province Autonome di Trento e Bolzano. Sapranno sfruttarla i piacentini? Se si pensa a ciò che Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia realizzano per promuovere le loro eccellenze, Piacenza resta ferma agli eventi da sagra paesana. Non c’è un brand che ci possa far riconoscere, tante aziende sono divise e si combattono, comunicazione e promozione si fermano quando c’è da chiedere una piccola cifra ai soci (si pensa sempre che debba intervenire il pubblico con qualche bando o elemosina) non c’è impegno a far conoscere i nostri progetti al di fuori delle mura né si organizzano eventi per attrarre i famosi turisti (altro settore fallimentare). Chi sfrutta i bandi della Regione per la comunicazione e la promozione? Per tutti, basti guardare a 30 chilometri dal Gotico, alla Festa del torrone a Cremona, che da un fine settimana di eventi è passata a due (19-27 novembre) e ha numeri che fanno girare la testa ai piacentini: 300mila visitatori.
Qualcuno che si salva c’è, ma si tratta di aziende che con il nostro territorio hanno poco a che fare, operando soprattutto sui mercati esteri, acquisendo nuovi clienti ed espandendosi. Un buon esempio è il Consorzio Piacenza Alimentare e, appunto, si dedica solo all’estero. Che senso avrebbe qui pubblicizzare la coppa Dop o il Gutturnio? Chi spenderebbe soldi per acquisire quello 0,1% di clienti che ancora non conosce le nostre eccellenze.
Salumi e vino, i due campioni che potrebbero fare da traino a tutto l’agroalimentare piacentino, sono al palo. Fuori da Piacenza sono conosciuti pochissimo. Oltre al pomodoro – ma quello in sordina corre già abbastanza soprattutto all’estero – andrebbero valorizzate la pasta, le farine (ce ne sono di eccellenti), i formaggi.