Il “Faust” al Municipale, una ricerca sul linguaggio dell’Opera di Pechino

Cercare un possibile nuovo linguaggio tra Oriente e Occidente. Costruire un ponte tra la cultura tedesca e quella cinese, grazie alla tragedia di Faust. Sono alcuni degli obiettivi che si pone lo spettacolo “Faust” – una ricerca sul linguaggio dell’Opera di Pechino, in scena al Teatro Municipale di Piacenza martedì 22 novembre alle ore 21 per il cartellone Altri Percorsi della Stagione di Prosa “Tre per Te” 2016/2017 organizzata da Teatro Gioco Vita, direzione artistica di Diego Maj, con la Fondazione Teatri di Piacenza, il Comune di Piacenza e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano.

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Frutto di un lungo lavoro di preparazione, “Faust” è un’importante sfida produttiva fortemente voluta da Emilia Romagna Teatro Fondazione e realizzata grazie alla fiducia, al sostegno e all’entusiasmo della Compagnia Nazionale dell’Opera di Pechino. Una sfida importante affidata alla giovane regista tedesca Anna Peschke e a un gruppo di altrettanto giovani interpreti cinesi accompagnati da un ensemble musicale composto da musicisti italiani e cinesi, che eseguono un repertorio musicale originale composto da Luigi Ceccarelli, Alessandro Cipriani e Chen Xiaoman. Una sfida ambiziosa che si declina in diversi aspetti, dall’avvio di un fertile rapporto con la China National Peking Opera Company, fino all’indagine gestuale e musicale del linguaggio scenico orientale.

Anna Peschke è al suo secondo lavoro basato sullo studio del linguaggio dell’Opera di Pechino dopo un “Woyzeck”, presentato a Pechino e a Francoforte.

«Lì dove l’Occidente perde la parola – è la visione della Peschke – può entrare in gioco l’espressività rituale dell’Oriente; dove la rigidità della tradizione orientale si farà scalfire emergeranno pieghe di senso e di espressività rivitalizzanti per la comprensione contemporanea.»

Le origini del Jīngjù (termine cinese che indica l’Opera di Pechino) risalgono alla dinastia Tang (618-907 d.C.) benché la «nascita del Jīngjù» venga collocata nel 1790, anno in cui numerose compagnie provenienti dalla Cina meridionale si radunarono a Pechino in occasione del compleanno dell’Imperatore. Queste compagnie continuarono a collaborare per i sei decenni successivi, portando così alla creazione di ciò che ora è conosciuto come Jīngjù. Questa famosa arte performativa non solo combina canto e recitazione come avviene nell’opera occidentale ma comprende anche danza, arti acrobatiche e marziali in uno stile affascinante. Per questo motivo l’UNESCO ha incluso lo Jīngjù nella lista del “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”.

«Il mio progetto – ha dichiarato ancora Anna Peschke – si confronta con “Faust” di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), di cui qui si indaga la prima parte. Pubblicato per la prima volta in Germania nel 1808, è considerato un capolavoro fondamentale della letteratura tedesca. Tradotto per la prima volta in cinese grazie al lavoro di Guo Moruo (1892-1978) solo nel Novecento è stato diffuso come testo di letteratura occidentale, studiato nelle università, e ha raggiunto il grande pubblico. Nel 2010, nel corso di un convegno, Zhang Yushu, studioso cinese specialista in studi germanici dichiarò: “Goethe sente, pensa e agisce come un poeta mandarino cinese”. Questa frase mi ha incoraggiato a creare un ponte tra la cultura tedesca e quella cinese, grazie alla tragedia di Faust.»

«Come regista – prosegue la Peschke – la mia sfida principale risiede nel lavorare con gli attori della China National Peking Opera Company: questi performer possono raccontare un’intera storia con i movimenti, attraverso la danza e le azioni. Tra le peculiarità dell’educazione dell’Opera di Pechino, c’è infatti l’insegnamento della facoltà di comunicare grazie al corpo e al gesto, senza ricorrere all’uso della parola.

Il testo, in lingua cinese, è stato rielaborato in collaborazione con la drammaturga Li Meini che ha scritto i versi in Jīngjù mandarino poetico. Il mio obiettivo è stato quello di interpretare il capolavoro di Goethe lavorando in stretto contatto con gli attori della Compagnia dell’Opera di Pechino alla ricerca di una possibile scambio tra la cultura teatrale tedesca e le performing arts. Con il mio lavoro aspiro a realizzare una performance sperimentale e interculturale, facendo interagire diversi linguaggi scenici».