La Galleria Ricci Oddi ospita il secondo appuntamento legato alla mostra “I Pittori della Luce. Dal divisionismo al futurismo” in corso al Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Giovedì 29 settembre alle ore 17 (sala Sidoli) Alessandra Tiddia, curatrice del Mart, parlerà di “Segantini, Maestro della luce”. Protagoniste dell’incontro, l’opera di Giovanni Segantini (Arco, 1858 – Schafberg, 1899) e l’esposizione prodotta dal museo di Rovereto: ecco quindi un excursus sull’evoluzione della pittura dell’artista, dalle atmosfere più cupe de “La culla vuota” (1881, olio su tela, proprietà della Galleria Ricci Oddi) fino alla pittura di luce, caratterizzata da una luminosità assoluta, simbolica e spirituale; quella pittura divisionista che lo ha reso appunto uno dei “maestri della luce” al centro della mostra in corso al Mart.
La Galleria Ricci Oddi partecipa alla mostra “I Pittori della Luce. Dal divisionismo al futurismo” (visitabile fino al 9 ottobre al Mart) con due dipinti: “Alba Domenicale” (1915) di Angelo Morbelli e “Tramonto” (1900-1902) di Giuseppe Pellizza da Volpedo; due capolavori che, prima dell’esposizione al museo di Rovereto, sono stati esposti a Madrid presso la Fundaciòn Mapfre (dal 17 febbraio al 5 giugno 2016), nel corso della mostra “Del Divisionismo al Futurismo. El arte italiano hacia la modernidad”. “Dal Divisionismo al Futurismo” è infatti un grande progetto internazionale che ruota attorno a un preciso periodo storico e a un nucleo di capolavori italiani, concretizzatosi nelle due mostre. Due tappe di uno stesso viaggio, per raccontare l’arte dei maestri italiani che vissero tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Un progetto che ha coinvolto due capolavori della Galleria piacentina: ancora una volta, la collezione Ricci Oddi è uscita dai confini locali rendendosi visibile ad un pubblico internazionale.
L’ingresso alla conferenza è gratuito. Non è necessaria la prenotazione.
Info:Segreteria organizzativa Galleria Ricci Oddi:0523/320742; info@riccioddi.it;www.riccioddi.it
Dal Divisionismo al Futurismo: nascita della pittura moderna in Italia Tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, il Divisionismo svolge un ruolo fondamentale nel rinnovamento artistico italiano, trovando il suo ideale proseguo nell’avanguardia Futurista. È in questo confronto tra due generazioni che si definisce la nascita della pittura moderna in Italia. Ciò che lega i due momenti artistici è la ricerca sulla luce e sul colore, filo conduttore tra due pietre miliari della nostra storia dell’arte. Inoltre, come tutte le grandi rivoluzioni, i due movimenti destano inizialmente scalpore e le loro idee si inseriscono in un fervido clima culturale che osserva e interpreta i cambiamenti del proprio tempo.Il Divisionismo si afferma nel 1891 alla Triennale di Brera, con la prima uscita “pubblica” di un gruppo di giovani pittori: Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Emilio Longoni. Pur nelle differenze tra un pittore e l’altro, che in mostra sono sottolineate e poste a confronto, alcune questioni, largamente condivise, emergono con forza.Basati sulle ricerche scientifiche sulla percezione e poco rispettosi delle regole della pittura accademica, i lavori dei Divisionisti vengono accolti da un vivace e articolato dibattito che non si esaurisce semplicemente nella diatriba stilistica, ma si ramifica nella trattazione di nuove urgenti questioni che, dalla fine del XIX secolo in poi, entrano prepotentemente nelle rappresentazioni pittoriche. I nuovi artisti sconvolgono e dividono la critica e il pubblico borghese, non solo per l’uso della tecnica divisa, ma anche per le inedite interpretazioni dei temi cari alla tradizione. A partire da una rivoluzione visiva derivante dalle scoperte sulla scomposizione del colore e incentrata sul potere espressivo della luce, cambiano anche i soggetti dipinti, tesi verso una modernità nelle questioni raffigurate che spaziano dai contenuti sociali – in un’Italia da poco unita ancora in cerca di una propria identità culturale – a soggetti più lirici legati alla tendenza internazionale del Simbolismo. Come ricorda Fernando Mazzocca nel suo saggio in catalogo, il Divisionismo fu il primo linguaggio pittorico dell’Italia nascente. L’interesse per il mondo operaio, per esempio, o la predominanza di opere dedicate a tematiche politiche e sociali, evidenzia un cambiamento di gusto e un’attenzione alle condizioni delle classi più disagiate e alle disparità sociali senza precedenti che permette alla pittura di assumere una dimensione collettiva e politica lontana dal pietismo della pittura di genere dei decenni precedenti.Al centro dell’indagine della pittura divisionista, però, rimane la rappresentazione della luce, in particolare nell’ambiente naturale. Compreso il meccanismo percettivo, i divisionisti piegano la scienza agli scopi dell’arte. L’empatia con il paesaggio si rinnova in una dimensione simbolica e ideale. Liberatasi della tradizione paesaggistica, la pittura divisa trova nell’ambiente una dimensione di unione tra gli esseri umani e la natura e un tema privilegiato di indagine luministica. Centro geografico del movimento, fin da subito, è la città di Milano nella quale i divisionisti trovano occasioni espositive, un ambiente vivace e pronto al dibattito e un mercante-critico (ma anche pittore) che li appoggia, Vittore Grubicy de Dragon, che per primo in Italia rivela le tecniche e i successi del Pointillisme. Con il movimento francese i divisionisti italiani condividono l’utilizzo dei soli colori puri, non mescolati a impasto sulla tavolozza, ma applicati direttamente sulla tela a piccoli tocchi, che l’occhio dell’osservatore ricompone. Gli italiani però interpretano la tecnica divisa come un mezzo e non un fine, sottoposto e adattato al contenuto e al messaggio dell’opera, in cui la ricerca di una maggiore luminosità affida alla luce un valore simbolico. Il Divisionismo si configura, quindi, non come una filiazione del movimento francese, ma come una tendenza autonoma, che condivide con il Pointillisme alcuni presupposti tecnici e teorici. Un nuovo alfabeto pittorico di respiro internazionale si diffonde e si espande a macchia d’olio tra tutti coloro che lo adottano, pur declinandolo e innovandolo con scelte stilistiche e tematiche differenti. Il fermento cresce e si riverbera in un clima dinamico testimoniato in mostra dalle lettere, dai libri e dai materiali d’archivio che costituiscono un prezioso sottofondo teorico di studio. Le fonti della ricerca storico-archivistica entrano ancora una volta in mostra grazie al lavoro e al patrimonio dell’Archivio del ’900 del Mart.Dalla forza di questa nuova poetica e sulle sue basi tecniche scaturisce, all’inizio del ’900, il Futurismo. Il maggiore movimento d’avanguardia italiano si sviluppa intorno alle idee del poeta Filippo Tommaso Marinetti che nel febbraio 1909 irrompe sulla scena artistica con il Manifesto Futurista, pubblicato sulla prima pagina de “Le Figaro”. All’appello aderiscono Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Luigi Russolo e Gino Severini che nell’aprile dell’anno successivo firmano il Manifesto tecnico della pittura futurista, in cui proclamano che “non può sussistere pittura senza Divisionismo”, indicando nella comune formazione divisionista il substrato di partenza del movimento. La scomposizione della luce associata a quella della forma e a una vocazione alla rappresentazione del movimento e della velocità della vita moderna proiettano l’arte italiana nel cuore del coevo dibattito artistico europeo. La città industriale in piena crescita, le periferie urbane in espansione, il dinamismo e il progresso sono i temi che caratterizzano la nuova pulsante ricerca.
Alessandra Tiddia, curriculumLaureata in Storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli Studi di Padova, ha conseguito il Dottorato in Storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Venezia.Dal 1990 al 1993 è stata curatore free lance a Trieste e ha collaborato come storico dell’arte con il Museo Revoltella e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste. Dal 1993 svolge le attività di conservatore, curatore e tutor aziendale per le attività formative e di stages.Nel 2003 è stata nominata responsabile della sede trentina del Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto a Palazzo delle Albere, fino al 2011. In questa contesto ha realizzato l’Esposizione permanente delle collezioni dell’Ottocento, con opere provenienti da Donazioni e Depositi delle Raccolte del XIX e XX secolo al Mart.Dal 2004 al 2010 ha curato la programmazione espositiva di questa sede con mostre dedicate alla cultura figurativa fra Ottocento e Novecento (Max Klinger, Franz von Stuck, Il Secolo dell’Impero. Principi, artisti e borghesi nell’Ottocento, Simbolismi ai confini dell’Impero Asburgico e Nuovi ospiti a Palazzo, una mostra dedicata alle nuove acquisizioni fra 2004 e 2010).Nel 2015 ha curato l’edizione del catalogo generale di Piero Marussig.Già membro del Comitato Scientifico del Museo Civico di Bolzano, è socia dell’Accademia degli Agiati di Rovereto e della Società di Studi Trentini a Trento.I suoi contributi scientifici principali sono nell’ambito della cultura delle Secessioni europee, del Liberty, della pittura di inizio ‘900.Dal 2013 è responsabile del progetto di valorizzazione di Arco come luogo segantiniano promosso congiuntamente da Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e dal MAG (Museo Alto Garda, Galleria Segantini).