Lasciare traccia sulla Terra. A tutti preme, chi piú chi meno, nei modi che ciascuno ritiene piú opportuno. Tuttavia ad alcuni questo non é concesso. Questi sono spesso considerati gli “ultimi” del mondo, non hanno dignitá. Impegnarsi per loro é un diritto dovere inderogabile. Queste sono solo alcune delle riflessioni da cui é partito Gustavo Zagrebelsky durante l’incontro “Il diritto di lasciare traccia”, avvenuto nella cornice della Sala dei Teatini nel pomeriggio del 23 e introdotto da Geminello Preterossi. Zagrebelsky ha voluto sottolineare come “il nostro mondo é il loro, grande e globale, intrecciato da grandi rapporti di interessi e di comunicazioni effimere. Libertá diritti e dignitá sono termini indivisibili. La dignitá é un universale diritto al rispetto, alla crescita comune. Il diritto all’orma é legato a tutti gli altri diritti”. “Il diritto di avere diritti” di Hannah Arendt non indica il carattere progressivamente crescente dei diritti, bensí un’esigenza fondante. Zagrebelsky lo prende ad esempio per rimarcare come “i diritti umani valgono per tutti. Valgono per ogni persona, indipendentemente dal sesso, religione e opinione politica, vale la dignitá. Concretamente occorre che la loro esistenza venga avvertita, altrimenti sarebbe come se non fossero mai esistiti, la loro voce non si sente, e non si sente mai nessuno che possa risponder loro”. Zagrebelsky ha proposto poi una riflessione riguardo il diritto al nome. “I trattati internazionali ne parlano in poche righe. Nominando si specifica, si creano le premesse per creare un rapporto. Nei lager nazisti i prigionieri non avevano nome, non avevano diritti, erano solo una quantitá da registrare nel registro dei morti. Piú volte hanno descritto come fosse avvilente. Senza nome sono anche milioni di bambini che nascono e muoiono in un attimo, che solo la madre conosce, salvo poi morire una volta bevuta l’acqua di pozzi avvelenati. Milioni di migranti, di senza nome e senza terra, senza approdi. I migranti di oggi non sono privi di cittadinanza, ma scappano da quella, per rivolgersi ad un’altra nella speranza di fuggire da persecuzioni politiche, guerre, sofferenze e fame. Il ritorno in patria spesso é una minaccia, non un desiderio”. Infine, citando sempre Hannah Arendt, Zagrebelsky ha sottolineato come “la migrazione ha sempre fatto parte della storia dell’uomo. Ció che é insolito nella storia recente dell’uomo, non é che il cittadino perda la propria cittadinanza, bensí che non riesca a trovarne una nuova”.
Emanuele Maffi http://www.festivaldeldiritto.it/