Una telefonata alle 4 del mattino, il fango, i morti: 14 settembre 2015

Alluvione

“Mi è arrivata una telefonata inquietante da un amico di Pontedellolio. Dice che il Nure è in piena”. “Ma sono le 4,30 del mattino…”. “Sì, lo so, ma questo tipo non racconta balle, preferisco andare a dare un’occhiata”. Iniziai così la giornata, il 14 settembre del 2015. “Un falso allarme? Be’, al massimo mi fermo a fare colazione. Però poi il mio amico mi sente per avermi buttato giù dal letto a quest’ora…”.

Radio Sound

Arrivo a Pontedellolio. Un agente della polizia municipale punta una torcia e fa il segno dell’alt con la mano. Abbasso il finestrino e sento un frastuono infernale provenire dall’alveo del Nure. Non sono un esperto di fiumi, ma a Pontedellolio sono passato parecchie volte e non ho mai sentito questo rumore. Il vigile mi blocca: “Di qui non si passa, il ponte è chiuso”. Mi presento e chiedo informazioni, ma le notizie sono ancora vaghe e l’agente è giustamente riservato: “Dicono che sia franato un pezzo di Provinciale dalle parti di Bettola, di più non so”.

Intorno alle 5,30, iniziano ad accumularsi le prime auto di chi deve andare a lavorare. Resto lì, insieme coi pendolari fermi in colonna. Pian piano, però, iniziano ad arrivare notizie inquietanti. La Provinciale per Bettola non è franata, s’è proprio staccato un pezzo, inghiottito dalla corrente. Pare ci siano automobili sott’acqua. I vigili del fuoco stanno soccorrendo abitanti e campeggiatori travolti dal Nure, che sta esondando. Stanno arrivando gli elicotteri. Frane anche a Bobbio: “Ma Bobbio è in Valtrebbia…”, mi fanno notare. “Sì, lo so”, rispondo. “Ma pare che sia esondato anche il Trebbia”.

Ormai si sono fatte le 6. Decido di raggiungere Bettola imboccando la Provinciale 55, quella che conduce a Rivergaro. E’ molto lunga e, sinceramente, non la conosco bene. Per fortuna ho il navigatore satellitare. Non ricordo quanto ho impiegato ad arrivare, ma, una volta in paese, era difficile credere che qualcosa del genere fosse accaduto proprio nella nostra provincia. Incontro un altro amico. Lui abita in città, a Piacenza. Ha una pala in macchina: “Sto andando a Farini da mia nonna, ha la casa piena di fango”. “Anche a Farini è così?”, chiedo. “Sono crollate alcune case”, mi dice con tono sbrigativo.

Il ponte di Bettola è chiuso, ma Farini si può raggiungere attraverso strade alternative. Ricalcolo il navigatore e riparto. Arrivo a Farini e la prima cosa che noto è una schiera di abitazioni lungo il Nure: posso vederne i bagni, i salotti, le cucine. Le case non hanno più le pareti. Le auto di Protezione Civile, Anpas, Croce Rossa, s’affollano insieme con trattori e persone sporche di fango. Mi chiamano dalla redazione: “A Roncaglia è un disastro!”. “Ma sono a Farini, come faccio ad andarci?”. “Allora mandiamo qualcun altro”. Pian piano il quadro si fa più chiaro, ma le notizie, sempre più terrificanti, continuano. Si parla di tre dispersi e di un ragazzo che s’è salvato aggrappandosi a un ramo per non essere travolto dalla corrente del Nure. Tutto confermato. Tutto vero. E’ una situazione caotica, intricata, difficile da raccontare, perché le notizie s’intrecciano, s’accavallano. Il telefono continua a squillare. Più passano le ore, più si riesce a fare un po’ d’ordine. Trebbia e Nure sono esondati travolgendo, in particolare, le zone di Ferriere, Farini, Bettola e Roncaglia. I fiumi hanno ucciso tre persone (una delle quali, in quei momenti, ancora ufficialmente dispersa) che sono finite con la macchina dentro al Nure, che aveva, di fatto, sostituito la carreggiata. Un ragazzo, invece, s’è salvato grazie agli insegnamenti del Soccorso Alpino e a una freddezza inimmaginabile.

E’ passato un anno, tra accuse reciproche, visite di esponenti politici tra cui il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con l’elicottero d’ordinanza, commissioni d’inchiesta, resoconti, stanziamenti di fondi, riunioni, assemblee, critiche, polemiche, ricostruzioni. Soprattutto ricostruzioni. Perché se la tragedia è stata immane, l’alluvione ha mostrato la vera essenza dei piacentini. Che hanno iniziato a spalare, pulire, ricostruire.

La mattina successiva a quel 14 settembre del 2015, lo scenario, a Roncaglia, era surreale: una fila di persone che, pur non avendo subito alcun danno, dopo aver parcheggiato la macchina lungo la Provinciale, raggiungeva il paese con stivali e pale. Andavano a pulire le case di chi aveva perso tutto o quasi. Dai boy scout agli ultras del Piacenza, dalle associazioni ai semplici cittadini: Piacenza, quel giorno, ha mostrato la sua vera anima.