CONFAGRICOLTURA – La trattativa per il contratto quadro del settore del pomodoro da industria si è conclusa nella notte del 17 maggio. Il prezzo di riferimento dopo un estenuante braccio di ferro tra le parti è stato definito: 85.20 euro/tonnellata. Confagricoltura Piacenza è critica sull’accordo. “Ancora una volta le revisione, in peggio, delle tabelle qualitative sarà occasione per introdurre aleatorietà nei pagamenti”. – commenta Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza che prosegue: “il prezzo di riferimento di per sé non è molto soddisfacente, se si considera che i pagamenti effettivi risulteranno ulteriormente decurtati, è un contratto non dignitoso per la parte agricola. Le Op – prosegue Chiesa – non avrebbero dovuto accettare le penali sui quantitativi conferiti oltre la soglia dei 25 milioni e mezzo di quintali potenzialmente prodotti dal bacino del Nord Italia. Non ha senso accettare una penalità sul prodotto quando l’industria sembra essere disposta a lavorarne di più. Si tratta di una penale che ricadrà su tutto il quantitativo consegnato: è un’ammissione di incapacità, da parte delle Op, di saper organizzare una corretta programmazione nei periodi e nei quantitativi. Così, l’eventuale perdita di ricavi da parte dell’industria viene ancora una volta fatta ricadere sulla produzione, in un anno, non dimentichiamo – conclude Chiesa – in cui sono state dedicate alla coltura minori superfici e le condizioni meteo della scorsa settimana hanno già determinato un danno ai primi trapianti in alcune zone nel piacentino e del mantovano. Quest’accordo era inaccettabile”.
CONFAPI INDUSTRIA – E’ stato firmato ieri, 17 maggio, a Parma, il contratto per il pomodoro da industria nel distretto del Nord. Le industrie pagheranno 85,20 euro a tonnellata agli agricoltori produttori dell’oro rosso. L’intesa è stata firmata in serata da Confapi Industria Emilia Romagna, mentre Aiipa (Confindustria) stava ancora trattando. La produzione è stata fissata in 2 milioni e 550mila tonnellate: se verrà superata scatteranno le penalizzazioni per i produttori dopo penalizzazioni.
La trattativa ha visto di fronte le industrie di trasformazione rappresentate da Aiipa e Confapi Industria Emilia Romagna e le maggiori associazioni di agricoltori del Nord, dove si produce il 50% del pomodoro italiano. L'accordo riguarda le principali regioni produttrici: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Toscana.
«Esprimiamo soddisfazione per la chiusura della trattativa – ha affermato Cristian Camisa, presidente Confapi Industria Emilia Romagna – in un comparto fondamentale per territorio. Abbiamo consapevolezza che sia la parte agricola sia quella industriale hanno fatto grossi sacrifici per arrivare ad una sintesi utile allo sviluppo di entrambi i comparti».
I produttori avevano avanzato una richiesta di 89 euro la tonnellata, mentre le imprese della trasformazione ne avevano offerti 80. Erano insorte le associazioni di categoria, Confagricoltura e Coldiretti, sostenendo che con quel prezzo non si sarebbero sostenuti i costi di produzione e che le offerte degli industriale erano inferiori a quelle del 2015 (92 euro la tonnellata). Secondo gli industriali, invece, il prezzo del pomodoro italiano è quello più caro del mondo: negli Usa è pagato 64 dollari la tonnellata, mentre in Spagna 73.
A Cibus, la Organizzazione Interprofessionale Pomodoro da Industria del Nord Italia ha presentato i dati più recenti sulla produzione italiana. Nel 2015 la produzione è stata di 5,3 milioni di tonnellate (+9,9% rispetto al 2014). Poco più di 2 milioni di tonnellate soddisfano il mercato interno (39%), mentre il resto è destinato all’export.
L’Italia è il terzo produttore al mondo dopo la California e la Cina, ma è il primo per valore di conserve, polpa, pelati, passate e concentrato: il 61% del pomodoro destinato all’export genera infatti, secondo dati 2014, un business di 6,4 miliardi di dollari. L’Italia, con il 34%, precede Cina, Usa, Paesi Bassi e Portogallo. Il primo mercato è l’Europa, seguito da Stati Uniti, Giappone e Australia. Negli ultimi anni, le produzioni del Belpaese hanno raggiunto nuovi mercati, tra cui i Paesi BRIC e l’area del Golfo Persico.
POMORETE – «Oggi occorre che i due mondi, industriali e agricoltori, facciano i conti con il mercato globale. Non è più possibile pensare che il pomodoro italiano costi il 20% più che in Spagna. Le organizzazioni agricole – Confagricoltura e Coldiretti – dovrebbero cominciare a rivedere alcune scelte del passato, in termini di assistenzialismo al mondo agricolo che oggi non è più possibile applicare ai mercati globali. il rischio è quello di vedere la fine del pomodoro italiano e il nostro Paese conquistato da “oro rosso” estero a basso prezzo». Lo dichiara Dario Squeri, presidente di Pomorete, la prima Rete italiana del pomodoro composta di 17 aziende tutte aderenti a Confapi Industria, all'indomani dell'accordo sul prezzo del pomodoro da industria fissato in 85,20 euro la tonnellata.
L'accordo ha già visto emergere posizioni critiche e insoddisfazione da parte dei produttori. L'intesa non piace del tutto nemmeno agli industriali, i quali, però, reputano positivo il raggiungimento di un accordo. Secondo Gabriele Zanelli, direttore di Pomorete, «per la chiusura del contratto ha contribuito in maniera determinante l'azione dei rappresentanti delle aziende di Pomorete, in particolare di Steriltom ed Emiliana Conserve. Ieri, si è arrivato a un passo dal rottura definitiva, che avrebbe comportato una trattativa privata fra le parti e non a un accordo quadro».