“Ruba per fame, non è reato”. Caritas: “Noi consigliamo di farsi aiutare”

 “Ha rubato per fame, non è reato”. Con questa motivazione la Cassazione ha annullato la condanna a sei mesi di reclusione e cento euro di multa, per furto, inflitta dalla Corte di Appello di Genova a un giovane straniero senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi, spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per “far fronte” alla ”imprescindibile esigenza di alimentarsi”.

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Una sentenza che, un po’ in tutta Italia, sta facendo discutere. Anche a Piacenza, naturalmente, ci si interroga, perché la motivazione potrebbe aprire scenari davvero inediti e divide, non solo chi da sempre si è schierato per l’intransigenza ma perfino chi ogni giorno opera nell’aiuto dei bisognosi. Parliamo di Giuseppe Chiodaroli, direttore della Caritas piacentina, al quale abbiamo chiesto un giudizio. E forse un po’ a sorpresa, non si è dichiarato proprio in linea con la sentenza: “A un povero non posso certo dire di andare a rubare. Al massimo gli potrei consigliare di venire alla Caritas. O di rivolgersi ai servizi sociali. E’ comunque sempre meglio non rubare”. Chiodaroli, “pur non volendo dare torto al giudice”, ha aggiunto che “i bisognosi devono chiedere di essere aiutati. E’ legittimo e noi siamo qui per questo. Ma se gli diciamo di andare a rubare non facciamo più il nostro lavoro. Non bisogna dare giudizi morali – ha concluso – e lo dico senza voler entrare nel merito della questione a livello legale ma come criterio noi aiutiamo le persone a uscire dall’indigenza e ad avere un rapporto di correttezza con le altre persone”.

“Il fatto non costituisce reato”. E’ comunque il verdetto della Suprema Corte e che promette di lasciare il segno, che ha giudicato legittimo non punire un furto per fame del valore di 4 euro e sette centesimi per wurstel e formaggio. A fare ricorso in Cassazione non è stato il giovane senza fissa dimora, Roman Ostriakov, originario dei Paesi dell'Est.

Lo ha fatto il Procuratore generale della Corte di Appello di Genova che chiedeva per l'imputato, non l'assoluzione, ma uno sconto di pena con la derubricazione del reato da furto lieve, come stabilito in primo e secondo grado, in tentato furto dal momento che Roman era stato bloccato prima di uscire dal supermercato, dopo essere stato notato da un cliente zelante e poco solidale con lo stomaco vuoto altrui che aveva avvertito il personale vigilante.