Esodati, pensioni più lontane con lavoratori anziani costretti a impieghi usuranti, precariato. Secondo i sindacati gli effetti negativi della riforma Fornero sono ancora palpabili ed è urgente una modifica del sistema pensionistico. Per questo Cgil, Cisl e Uil sono scesi in piazza questa mattina, sabato 2 aprile, in tutta Italia, per chiedere al Governo un cambio di marcia radicale. A Piacenza la mobilitazione è andata in scena in piazza Cavalli. “Una manifestazione per sensibilizzare la cittadinanza sulle iniquità che continuano a colpire dopo il varo della Legge Fornero, in particolare, esodati, donne, lavoratori precoci e impegnati in lavori usuranti, senza parlare degli stessi pensionati che continuano a perdere potere d'acquisto. Mentre chi ha lavorato per decenni non riesce ad andare in pensione, i giovani sono respinti dal mercato del lavoro ingessato da provvedimenti affrettati che hanno inciso negativamente sul ciclo economico e sulle potenzialità di crescita e di sviluppo del Paese” dicono i sindacati.
LE RICHIESTE DEI SINDACATI
Cambiare le pensioni, dare lavoro ai giovani
La legge Monti-Fornero sulle pensioni è stata la più gigantesca operazione di cassa fatta sul sistema previdenziale italiano. Sono stati prelevati nel periodo 2013-2020 circa 80 miliardi di euro con una manovra economica fatta a danno di lavoratori e pensionati su un sistema giudicato sostenibile da tutte le istituzioni nazionali ed internazionali. Questi interventi hanno introdotto elementi di eccessiva rigidità nell’accesso alla pensione, generando iniquità e problematiche che ancora oggi aspettano una soluzione definitiva. Per CGIL CISL e UIL è necessario un intervento strutturale di riforma che dia certezze ai lavoratori e alle lavoratrici, giovani e meno giovani, e restituisca una parte delle risorse risparmiate sulla loro pelle per riaffermare solidarietà, flessibilità, equità. Tale riforma è urgente anche per sbloccare il mercato del lavoro e offrire occupazione ai giovani, pesantemente penalizzati dall’attuale normativa, sia per il loro futuro pensionistico, che per il sostanziale blocco del turn-over in atto.
Pensioni dignitose per i giovani e per i lavoratori precari e discontinui
Devono essere inseriti elementi correttivi sul funzionamento del sistema contributivo in grado di assicurare un trattamento pensionistico adeguato e dignitoso anche a chi svolge e ha svolto lavori saltuari, discontinui, con retribuzioni basse o è entrato tardi nel mercato del lavoro. Forme d’integrazione ai trattamenti bassi devono essere riaffermate anche per le pensioni future, calcolate con il metodo contributivo. Occorre ripensare la gestione separata INPS che, a fronte di un progressivo aumento della contribuzione, accorda tutele diverse e minori agli iscritti, rispetto alla generalità dei lavoratori. È anche utile promuovere schemi di solidarietà intergenerazionale, attraverso il ricorso alla contribuzione figurativa, per incentivare l’utilizzo volontario del part time fra i lavoratori anziani negli ultimi anni della carriera lavorativa, collegandolo all’assunzione dei giovani, secondo le modalità previste dagli accordi collettivi.
Accesso flessibile al pensionamento
È indispensabile ripristinare meccanismi di flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dall’età minima di 62 anni oppure attraverso la possibilità di combinare età e contributi, per venire incontro alle esigenze di vita delle persone e ai cambiamenti dell’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi. Gli oneri relativi alle misure di flessibilità non possono essere scaricati sui lavoratori. Ciò implica anche l’assoluta indisponibilità di CGIL, CISL e UIL all’introduzione di misure che condizionino l’accesso anticipato al pensionamento al ricalcolo della pensione con il metodo contributivo. Accanto alla reintroduzione della flessibilità nell’accesso al pensionamento di vecchiaia occorre prevedere la pensione anticipata con 41 anni di contributi per tutti i lavoratori e le lavoratrici, senza penalizzazioni e senza collegamento con l’attesa di vita.
Riconoscere il lavoro di cura
Le donne sono state profondamente penalizzate dalla riforma Fornero, dal momento che l’innalzamento dei requisiti pensionistici è stato troppo accelerato, sia nel settore pubblico che nel settore privato, senza tenere sufficientemente conto del ruolo da loro svolto nel lavoro di cura che supplisce alle carenze del sistema di welfare e provoca buchi contributivi che determinano una forma “femminile” di povertà pensionistica. È necessario che venga esteso e potenziato, presso tutte le gestioni previdenziali, il riconoscimento della contribuzione figurativa per i periodi di congedo parentale e per i periodi in cui le donne e gli uomini si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili gravi.
Riconoscere la diversità dei lavori
La normativa attuale sui lavori usuranti non risponde all’esigenza di riconoscere che i lavori non sono tutti uguali: definisce poche tipologie, esclude interi settori (es. edilizia) e applica regole che impediscono alla quasi totalità degli interessati di usufruirne. Da ciò i risparmi consistenti, sistematicamente impiegati su altri capitoli del bilancio dello Stato. L’applicazione automatica dell’attesa di vita fa parti eguali tra diseguali: ad attività e condizioni di vita diverse corrispondono aspettative di vita differenti. Ciò va riconosciuto. Il ripristino della flessibilità nell’accesso al pensionamento può essere una prima risposta generalizzata che consente di venire incontro, anche se parzialmente, alle esigenze di chi svolge lavori più faticosi e pesanti. Occorre, tuttavia, ripensare la normativa, estendendo la platea dei beneficiari e i settori coinvolti nel concetto di “usura”, e rivedere le modalità e i criteri per il calcolo della pensione, in modo che i coefficienti di trasformazione riflettano la differente aspettativa di vita dei lavoratori e delle lavoratrici, in base all’attività svolta.