Alla fine a Borgonovo e Ziano ha vinto la paura. Paura di cambiare, paura di “rimetterci”, paura di veder sparire le tradizioni. E’ il risultato più evidente del referendum consultivo con il quale si chiedeva ai cittadini di esprimersi sulla fusione dei due Comuni. A Borgonovo, il più grande dei due, ha prevalso il sì alla fusione con il 56,51% dei voti ma a fronte di un assenteismo superiore alle aspettative: ha votato solo il 30% degli aventi diritto. A Ziano ha prevalso nettamente il no con il 62% dei voti. Un voto, quest’ultimo, che può legittimamente avvicinarsi alla reale volontà dei residenti visto ai seggi si è presentato il 52% degli iscritti alle liste elettorali. E parliamo di un Comune che ha 2.233 votanti (hanno votato dunque in 1.165). Borgonovo invece conta circa 8mila residenti dei quali hanno diritto al voto 5.822 dei quali si è presentato alle urne, come si diceva, circa il 30%: 1.700 aventi diritto.
Morale, ha prevalso il non voto a Borgonovo e ha prevalso il no a Ziano. Si tratta di un referendum consultivo e di conseguenza la Regione potrebbe decidere di procedere nell’iter di fusione ma sarebbe andare contro la volontà popolare che si è espressa in modo chiaro.
«Colpa del terrorismo psicologico dei comitati per il no – dice Manuel Ghilardelli, sindaco di Ziano – Un terrorismo fatto di illazioni più che di informazioni supportate da dati reali e concreti ma è comunque riuscito a far presa sui cittadini. A spaventare sono state le voci sui debiti del comune di Borgonovo, con la questione Asp, benché i numeri non siano mai stati fatti in modo completo e corretto». E poi c’è la questione cambiamento tout court che spaventa in genere, a priori: «I nostri territori sono abitati il larga parte da cittadini non più giovanissimi e appartenenti al mondo agricolo – dice Ghilardelli – ed è una realtà sociale che tendenzialmente storce il naso di fronte ai cambiamenti, alle novità».
Un concetto ribadito anche dal sindaco di Borgonovo, Roberto Barbieri, che però va oltre e punta il dito contro il battage fatto dalla politica di centrosinistra, Pd in testa: «Probabilmente con la fusione dei nostro due comuni (amministrati dal centrodestra, ndr) hanno viso la possibilità concreta di perdere le prossime elezioni e hanno remato contro trasformando quella che doveva essere una valutazione puramente amministrativa in una valutazione politica. Così non si fa il bene dei territori, dei cittadini». E aggiunge: «Le esperienze delle unioni tra comuni sono fallimentari, lo si vede un po’ ovunque. L’unica strada, che peraltro è già indicata a livello centrale, è quella di creare comuni più vasti accorpando servizi e ottimizzando le spese. Ma se si va avanti di questo passo, le cose saranno sempre più complicate. Staremo a vedere».