Una foto vale più di mille parole. Quelle che vedete in allegato, arrivano direttamente da chi ruota intorno al mondo Saipem di Cortemaggiore, sito per il quale da tempo si parla di chiusura e trasferimento in Romania. E se è vero che i vertici dell’azienda hanno sempre parlato di ridimensionamento, negando le voci di una delocalizzazione, è vero anche che nello storico stabilimento, dove negli anni ‘50 iniziò la sfida di Enrico Mattei alle “Sette sorelle” con l’Agip, ormai del sogno di autonomia energetica dell’Italia rimane ben poco.
In questi giorni, infatti, non solo molti mezzi e macchinari sarebbe stati trasferiti altrove – in esclusiva potete vedere le foto dell’interno dei magazzini magiostrini semivuoti e del nuovo sito a Ploiești, dove c’è chi giura siano arrivati – , ma persino l’insegna “Saipem” che da tempo campeggiava sull’ingresso è stata smontata e portata chissà dove.
Un brutto segnale, almeno dal punto di vista simbolico, che si va a sommare agli ultimi cinque licenziamenti (o contratti non rinnovati) del giugno 2015, ai prolungati silenzi da parte dei responsabili e alle tante ricostruzioni che circolano su una realtà che negli anni aveva portato il paese ad essere un polo attrattivo per tutta l’area grazie all’indotto.
Le trattative, comunque, proseguono. Nonostante, per ora, le bocche rimangano cucite. A rompere il silenzio Massimo Tarenchi della Filctem Cgil, il quale il 2 dicembre scorso era presente all’ultimo incontro con i vertici aziendali: “Siamo ancora fermi al verbale di accordo firmato in quella data, dove Saipem si era impegnata a non chiudere lo stabilimento e ad avviare iniziative per la sua valorizzazione. Ma ad oggi – ha continuato – siamo fermi al palo. Rimangono i 6-7 lavoratori a tempo indeterminato e qualche interinale, però di progetti neppure l’ombra. Capiamo quindi la preoccupazione di dipendenti e della cittadinanza, per questo abbiamo chiesto un altro incontro con l’azienda”. Sull’insegna, invece, Tarenchi sembra non volersi soffermare più di tanto: “Credo riguardi un cambio di immagine, visto che Eni ha ceduto quote di Saipem, come per esempio il 12.5% a Cassa depositi e prestiti e quindi potrebbe cambiare il logo. Non fasciamoci la testa prima del tempo”.
Anche sull’ultimo incontro tra i responsabili del sito e i sindacati, al quale avrebbero partecipato rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil non mancano le malelingue. Le quali ci hanno fatto sapere che, alle richieste dei delegati di poter visionare lo stabilimento, una chiamata da San Donato avrebbe stoppato il “sopralluogo”. Forse per non rendere palese la situazione: macchinari imballati e magazzini deserti. Non proprio il panorama ideale per rendere credibili le promesse scritte nero su bianco.