“Fra tutte le cose che non vanno nel mio corpo, quella che va meglio è il cuore". Inizia con una battuta sulla sua salute, Vittorio Sgarbi, nella Sala Panini di Palazzo Galli, durante la lezione che ha tenuto in mattinata, 6 gennaio, sulla mostra “Uberto Pallastrelli, l’ultimo ritrattista”.
Nonostante l’ironia sul malore che lo ha colpito negli ultimi giorni dell’anno, il celebre critico d’arte sembra comunque essersi ripreso ed è quindi tornato alla consueta attività con l’inconfondibile vis polemica. Dall'orinatoio di Duchamp (Fontana, 1917) attraverso l'arte contemporanea, dai musei ai loro contenuti – come i resti delle antiche civiltà ("gli utensili della vita comune del passato, non opere d'arte ma neanche solo oggetti"), fino ai moderni ritrovati del design. È il concetto del bello sul quale si è concentrato, un concetto per il professore “ormai perduto e che Pallastrelli è in grado di restituirci”.
Dopo la premessa d’obbligo: "L'arte non serve a niente, non è neanche come una prostituta che puoi usare, ha solo una funzione tutta visiva e mentale per farci piacere", ha divagato attraverso la sua personale visione dei musei nati come funghi negli ultimi anni: “Che senso hanno quelli sulla moda, sull'automobile, sugli strumenti musicali? Non funzionano, perché l'oggetto che hai davanti può essere bello ma non lo percepisci nella sua funzione. Ha senso fare degli archivi, non certo dei musei. Nessuno invece mette in dubbio una mostra di Boldini o Pallastrelli, pur trattando l'argomento della moda. Perché tutto quello che mantiene una funzione ha bisogno dell'umano che lo utilizzi. La forza di un dipinto, a differenza, ha la forza di qualcosa che non puoi far altro che guardare. È una astrazione mentale. In quanto contemplo non uso".
E così è arrivato al protagonista della mostra, Pallastrelli, nato nel 1904, che “nel momento in cui concepisce le sue opere, dal 1930, un altro, Piero Manzoni, crea "La merda d'artista", nel 1961. Oggi quelle scatolette valgono 500mila euro. Qualcuno ha provato ad aprirla e sembra che le feci non vi fossero contenute. Una persona che conosco, per esempio – ha scherzato – con problemi verso Equitalia, mi ha chiesto: ma se la faccio in una scatoletta la posso vendere? No, perché non sei un artista”.
Per Sgarbi, invece, “artisti come Pallastrelli sono vissuti in un secolo in cui loro fanno quadri e altri fanno la cacca in una scatola o espongono un orinatoio. È la rivoluzione". Questo il destino beffardo che ha portato il pittore “a una storia che non gli ha dato il prestigio che meritava e per questo è sparito, nonostante abbia una sua forma è un suo stile che meritano. Il '900 non ci permette quindi una esatta valutazione”.
Poi il critico d’arte si è accreditato come “unico conoscitore di questo ritrattista”, anche perché, ha aggiunto, gli è accaduto un episodio singolare: “Un giorno a Roma, davanti alla Fontana di Trevi, una signora mi dice: lo conosce? E così mi ha portato nel suo appartamento, che era in realtà lo studio di Pallastrelli e da lì ho iniziato a conoscere la levatura di questo artista".
E così si è rivolto alle tante persone accorse per ascoltarlo, invitandole a visitare la mostra, naturalmente con una provocazione: “Voi siete dei depravati come me e Sforza Fogliani (al quale si deve la vera riscoperta di questo pittore) e siete qui anche se di Pallastrelli non ve ne frega nulla. Perché non esiste nella storia dell'arte nessuna pagina su questo pittore. Ma lui ha il pregio di aver fermato su tela una élite, con balli, serate tra nobili o persone facoltose che ora sono stati ghettizzati dalla rappresentazione. In questo Pallastrelli vive un'epoca di crisi e cerca di fermare nel tempo la sua gente per farla diventare immortale. L'unico limite di questo artista – ha continuato – è forse che la sua epoca aveva ormai talmente rifiutato questo genere di rappresentazioni di sé che più dei soggetti raffigurati ci sembrano invecchiati i quadri stessi. Ci rimane una grande cronaca mondana. Ma se fosse nato un secolo prima, nel 1804, sarebbe esposto in tutti i musei".
Non sono infine mancate frecciate all’amministrazione comunale di Piacenza, con la quale Sgarbi non ha mai avuto rapporti idilliaci: “Questa città purtroppo da molto tempo non ha sindaci, vivono con discrezione, invisibili o appollaiati su rotatorie o chissà dove. Grazie a Sforza Fogliani invece possiamo uscire dalla ‘merda d'artista e dagli orinatoi’ e tornare ad ammirare la bellezza nella sua forma originaria". In seguito il critico d’arte è stato l’ospite d’onore della consegna dell’annuale del premio della Bontà a Rustigazzo da parte del Comune di Lugagnano.