Da un minimo di due mesi e 20 giorni a tre anni di reclusione. Sono le pene patteggiate dai primi 97 indagati nell'ambito dell’inchiesta sulle truffe alle assicurazioni smascherata dai carabinieri di Rivergaro e coordinata dal piemme Emilio Pisante. Patteggiamenti che sono arrivati quando siamo ancora in fase di indagini. Circa 250 le persone totali coinvolte, quasi tutte piacentine, finite alla sbarra per truffa e falso: 10 di queste, le posizioni più gravi, anche del reato di associazione a delinquere finalizzato alla truffa.
Restano da definire le posizioni di altre 150 persone. Sono ritenute dalla pubblica accusa coloro che si prestavano ad essere figuranti nei finti incidenti stradali organizzati per anni in città e provincia dal noto sodalizio criminale allo scopo di raggirare le compagnie assicurative. Tra di loro c’era chi simulava di essere il ferito, vittima di un investimento in bicicletta, e che si recava al pronto soccorso per farsi refertare ingannando perfino i medici; c’era anche chi, nella messinscena, vestiva i panni dell’investitore e che magari telefonava alla Polizia Municipale perché si recassero sul posto ad eseguire i rilievi di legge. Per le "ottime performance" arrivavano compensi in assegni che variavano dai 500 ai 1000 euro e che venivano ritirati talvolta in banca dagli stessi interessati, opportunamente accompagnati dai leader del sodalizio criminale che, naturalmente, si tenevano il grosso del malloppo.
In un secondo filone di questa inchiesta invece, l'assicurazione Unipol, che si era costituita parte civile, è stata risarcita con la somma di 200mila euro da 17 dei 19 indagati accusati a vario titolo di truffa e falso in atto pubblico. Con questa transazione Unipol ha rimesso la querela. Per 6 dei 19, quelli che dovevano rispondere di truffa, viene scritta la parola fine al procedimento, mentre verranno definiti i riti processuali per gli indagati per falso in atto pubblico, procedeibile d'ufficio.