Per il settore lattiero caseario l’accordo sottoscritto il 26 novembre con il gruppo francesce Lactalis e valido per dicembre-gennaio e febbraio è comunque una notizia positiva dato che i conferenti Galbani riusciranno ad ottenere una remunerazione del proprio prodotto più soddisfacente rispetto a quanto consentisse il contratto fin qui in essere. Infatti, gli effetti di quest’ultimo avevano procurato, tramite un sistema di indicizzazione particolarmente penalizzante, una successione di prezzi troppo bassi. L’attuale accordo, più politico che economico, ha, comunque, il merito di riportare in un trimestre la media del prezzo percepito dai conferenti Lactalis in linea con i valori che in questi mesi il resto del latte italiano compravenduto aveva fissato con i trasformatori aderenti ad Assolatte. “In questo contesto – spiega Filippo Gasparini, presidente della Sezione di Prodotto Lattiero-casearia di Confagricoltura Piacenza – non è realistico pensare che tutta la vicenda abbia ricadute positive in termini di prezzo sul nostro territorio. I contratti stipulati nel piacentino sono differenti rispetto al contratto Galbani, sia in termini di durata che per forma e valori. Sul nostro territorio non si è applicata alcuna indicizzazione e i prezzi riscontrati risultano già allineati al valore concordato in questi giorni al Ministero, anche per questi motivi Assolatte non risulta firmatario dell’accordo. Piuttosto, è lecito sollevare qualche perplessità sulla vicenda consumatasi davanti ai cancelli di Corteolona, prima, e sui tavoli del Ministero, poi, specialmente se consideriamo la breve durata, di soli tre mesi, dell’accordo. L’orizzonte di tempo è troppo breve per porre basi strutturali in grado di stabilizzare la presenza di Lactalis sul mercato italiano e la normalizzazione in chiave economica dei rapporti tra i produttori e il colosso francese. Serpeggia il rischio di compromettere le sinergie con la trasformazione, soprattutto se è vero che gli altri sbocchi per il latte italiano, i formaggi Dop in special modo, riducono la domanda con piani produttivi complessivamente strutturati per contrarre la produzione. Si delinea così la certezza che gli atti di questi giorni abbiano solo messo una pezza congiunturale e limitata nel tempo”. Non sono stati affrontati, né tantomeno risolti, i nodi strutturali della poca aggregazione del settore, della scarsa interprofessione, non ultimo, della competitività di segmenti della filiera. “Chiediamo ancora – rimarca Gasparini – un auspicato e urgente intervento sui costi produttivi, altissimi nel nostro Paese, a carico degli allevatori e delle imprese in genere. Abbiamo norme ambientali, paletti produttivi e procedure burocratiche che negli altri Paesi non hanno riscontro, imbrigliano ed appesantiscono le nostre imprese. Bene l’aiuto proveniente dai 25 milioni di euro dell’intervento straordinario europeo, peraltro già deciso da tempo, ma chiediamo un passo in più: di essere a monte alleggeriti dagli oneri che fanno schizzare alle stelle i costi di produzione. E poi – conclude Gasparini – quando si arriverà a una maturità del sistema in cui contrattazione e prezzi li faranno le parti economiche secondo le regole commerciali e di mercato? Quando inizierà la dignità di operatori e finirà l’epoca dell’elemosina?”