Undici anni di reclusione. Questa la pena inflitta dalla Corte d’assise, presieduta dal giudice Itali Ghitti (giudice a latere Maurizio Boselli), al 36enne Dario Rizzotto accusato di aver spinto dalla finestra la fidanzata Daniela Puddu uccidendola. Il piemme Roberto Fontana aveva chiesto 22 anni di carcere per omicidio volontario, ma la Corte dopo due ore di camera di consiglio ha derubricato il capo d’imputazione in omicidio preterintenzionale concedendo le attenuanti generiche: Rizzotto non voleva uccidere Daniela. Si è dunque concluso così il primo grado di un processo complesso, “un puzzle” di indizi senza prove schiaccianti, che deve aver provocato non pochi tribolamenti tanto ai giudici popolari quanto ai giudici togati. L’imputato dovrà anche risarcire la famiglia Puddu con 30mila euro.
L’omicidio era avvenuto la sera del 14 giugno 2014 in via Illica a Fiorenzuola. Poco dopo le 23,30 Daniela Puddu cadde dalla finestra della camera da letto al terzo piano della sua abitazione. Morì sul colpo. Con lei in casa c’era il fidanzato Rizzotto. Poco prima, stando alle dichiarazioni di molti testimoni, tra i due vi fu una lite violenta, non certo la prima di un legame sentimentale nato da poco, ma già molto burrascoso. Il 36enne siciliano venne arrestato qualche giorno dopo con l’accusa di omicidio volontario. Ha sempre sostenuto che Daniela si fosse suicidata, ma la Corte non gli ha creduto.
“Non siamo soddisfatti – ha commentato l’avvocato difensore Andrea Bazzani che assiste Rizzotto insieme con la collega Francesca Cotani – speravamo in una assoluzione anche con formula piena visto che nel corso del processo non sono emerse prove. Però prendiamo atto e faremo appello”.
“Tutto sommato per noi è un buon risultato – ha detto l’avvocato di parte civile Mara Tutone – è stata riconosciuta la responsabilità dell’imputato. Ci riserviamo di leggere le motivazioni”.