“Preghiera Volgare” la passione di Cristo nella lingua del trecento

In occasione del Giubileo“Preghiera Volgare”uno spettacolo sulla Passione di Cristo nella lingua umbra del Trecento e canti gregoriani dal vivo domenica  29 novembre ore 21 presso ACTIS TRIESTEvia Corti 3/a – Trieste nell’ambito della stagione teatrale 2015/2016Conservatorio G. Nicolini (Piacenza) – Cantiere Simone Weil. Testi di riferimento  Laudi Umbre del Trecento di autori anonimi e Jacopone da Todimusiche:Dies Irae / Victimae Paschali Laude /Pax in nomine domini / O virtus sapientiae di Hildegard von Bingen /Voi c’hamate lo crieatore con Corrado Calda e il soprano Elisa Iovele brani lirici a cura di Paola Lo Curtoregia, Corrado Calda aiuto regiaGiusy Cafari Panico 

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Nella rappresentazione ci sarà un attore che interpreterà tutti i personaggi principali della vita e morte di Cristo. L’oratore/interprete (l’attore e regista Corrado Calda) si ispira alle figure storiche dell’inizio del XIII secolo, quando i due Ordini di frati predicatori, noti ora universalmente come francescani e domenicani, con il loro caratteristico saio marrone e nero rispettivamente, ottennero dal papa l’incoraggiamento a intraprendere la loro crociata missionaria, predicando da pulpiti agli angoli delle strade e vivendo delle offerte caritatevoli che raccoglievano con la questua.Nel compiere la loro missione, essi abbandonarono il latino a favore del volgare e seguirono l’esempio di Cristo insegnando per parabole, attingendo le loro metafore e similitudini dalle attività e dagli svaghi locali e dalle cure domestiche dei loro ascoltatori. Non c’è da meravigliarsi se furono compresi. Quello che fu compreso per primo fu la follia di questi predicatori, la forza e l’intensità della loro vita nomade a favore di un ideale. Lungi dal voler essere solo uno spettacolo cristiano quanto più laico e di potenza poetica “PREGHIERA VOLGARE” si avvale di questa forza interiore intrinseca alla laude: immagini e parola che scavano nel profondo. Il nostro Cristo è un ribelle all’autorità, in lotta con la tentazione e la voglia di cedere, di disobbedire al padre.  Umano, fragile, disperato, va suo malgrado incontro al suo destino lanciando un grido di speranza, che la sua esperienza terrena e la sua ingiusta crocefissione sia terreno fertile per i posteri e combatta la triste realtà di una “poetica” di un assenza divina, di un isolamento umano, a favore di un unità dei popoli nella fratellanza e nei valori cristiani. Nelle scene finali, recitate sul “copione” scritto da Jacopone da Todi, “Il pianto della Madonna” è il rapporto madre e figlio che testimonia la continuità della vita dopo la morte: questo dialogo intenso ha per noi una duplice lettura, sia in senso analitico sulla maternità sia come messaggio ultimo dal redentore sulla croce, Maria diventa “Madre Chiesa” e rimane ad aiutare gli apostoli. “Leggendo le Laudi mi sono chiesto se avesse ancora senso proporre la poesia medioevale che narra gli avvenimenti principali della vita di Cristo, nascita, morte, resurrezione ma anche fede speranza carità, povertà e spiritualità; temi cristiani che oggi sembrano superati e dimenticati. Mi sono chiesto se il duecento, il trecento, questa epoca di grandi conversioni e amori divini potesse ancora oggi parlarci di una fede, un religione, un credo che abbiamo perduto. La  risposta sta nella musicalità dei versi, una melodia che ti cattura e ti porta da sola in un altra dimensione, squisitamente spirituale, verso un sentire vicino alla parte più profonda di ciascuno di noi. Quella parte che non riusciamo più non solo ad ascoltare ma a volte nemmeno a percepire. Recitare la Laude è come mettere una nota al posto giusto nel pentagramma, se si riesce a fare questo, come nella musica, ci si avvicina a un emozione intensa e viva. Come doveva essere viva ai loro tempi e come il tempo ce l’ha consegnata pura, forte e intatta.”Corrado Calda