"Daniela si è buttata da sola, non è stata spinta da nessuno". Ha negato ogni addebito il 37enne Dario Rizzotto, il siciliano accusato dell'omicidio di Daniela Puddu che nell'udienza odierna (17 novembre) è stato ascoltato dalla Corte d'Assise. Una deposizione durata quasi due ore. Nel ricostruire quanto accaduto quella sera del 14 giugno 2014, Rizzotto ha ostentato sicurezza a tal punto da apprire a tratti sfrontato. In base al suo racconto quella sera, nell'abitazione al terzo piano di via Illica 1 a Fiorenzuola, tra lui e Daniela non vi fu alcuna lite accesa, tantomeno una colluttazione. Ci fu una discussione, quella sì, ma una discussione banale. In casa c'era anche l'amico Cossu, "quello che prometteva di farmi lavorare, ma che in realtà diceva tante fesserie" ha detto Rizzotto e con il quale voleva vedere alla televisione la partita dei Mondiali di calcio Italia – Inghilterra in programma a mezzanotte. Faceva caldo fuori e tutte le finestre di casa erano aperte. L'imputato ha spiegato di aver avuto un momento di rabbia quando Daniela si era chiusa in bagno, per questo tirò un calcio alla porta e danneggiò la maniglia (il cui cilindro fu trovato sul pavimento). "Volevo che uscisse per vedere la partita con noi, ma lei si rifiutava" ha aggiunto il siciliano negando categoricamente di essere salito per due volte sul davanzale dell'antibagno e aver fatto il giro per entrare nel bagno dov'era l'ex fidanzata, come invece avevano raccontato di aver visto due vicini di casa nel corso del processo. "Mai uscito sul davanzale" ha precisato con aria sicura. Poi Daniela che va nella stanza da letto. "Il giorno prima con Daniela e Cossu eravamo andati a Milano e avevamo comprato cocaina ed eroina. Così quella sera Daniela era nella sua stanza e si stava iniettando eroina (sostanze metaboliche riferibili a questo stupefacente erano state confermate anche dalle analisi tossicologiche) mentre io e Cossu consumavamo la cocaina sul tavolo e bevevamo birra. Dopo un po' mi sono alzato per andare da lei, ma quando sono entrato nella stanza non l'ho vista. L'ho cercata anche sotto il letto, ma nulla. Poi mi sono affacciato alal finestra e ho visto il corpo sul marciapiede". A quel punto, Rizzotto sostiene di essere sceso in strada ancora a torso nudo, di aver lasciato in casa l'amico Cossu (che invece aveva dichiarato di essersene andato durante il litigio, prima della morte di Daniela) e di non aver chiuso la porta di casa a chiave. Alla domanda se avesse udito il tonfo del corpo, Rizzotto ha negato. Ha invece ricordato di aver chiamato il giorno seguente l'amica del cuore di Daniela, un'albanese di nome Elsa già ascoltata in aula, e di averle riferito della sua morte. "Mi rispiose che se lo immaginava perché di recente le aveva confidato che voleva ammazzarsi". Perché allora sarebbero stati trovati i gioielli sul marciapiede? "Può essere che, presa dalla rabbia, li abbia afferrati e li abbia gettati a terra prima di buttarsi" ha risposto. Ed ha aggiunto: "Io in quella stanza da letto non c'ero. Daniela si è buttata da sola, non è stata spinta da nessuno". La Corte presieduta da Italo Ghitti ha poi rinviato il processo al 24 novembre: in quella udienza, date le discrepanze nei due racconti, è stato citato ancora lo stesso Cossu che verrà messo a confronto con l'imputato.