"Daniela aveva tanti difetti, ma non si sarebbe mai suicidata". A dirlo in aula, davanti alla Corte d'assise presieduta dal giudice Italo Ghitti, è stata Maria Rosaria Meloni, la madre di Daniela Puddu, la 38enne precipitata dalla finestra la sera del 14 giugno 2014. Imputato per omicidio il 37enne Dario Rizzotto che, secondo la procura, l'avrebbe spinta dalla finestra dell'abitazione di via Illica a Fiorenzuola al culmine di un furibondo litigio. La madre, ascoltata come testimone, ha raccontato del rapporto conflittuale che da sempre aveva con la figlia, la quale era stata convinta a trasferirsi a Piacenza nel 2008 per essere affidata a una comunità di recupero per tossicodipendenti. "Daniela era tossicodipendente, una ferita devastante per tutta la famiglia" ha detto la donna. Da allora i rapporti con la famiglia di origine, che abita in Sardegna e che ha in affido la prima dei quattro figli avuti dalla vittima nel corso delle sue relazioni, si erano notevolmente diradati. E nell'ultimo biennio 2013-2014 i contatti avvenivano solo per via telefonica. Proprio per telefono la donna venne a sapere che la figlia, dopo aver rotto con l'ex fidanzato indiano, aveva intrecciato una relazione sentimentale con Rizzotto. "Daniela mi parlò di Rizzotto per telefono – ha detto la madre – e all'inizio mi sembrava serena".
Poi quella telefonata di Rizzotto alla madre stessa qualche settimana prima della morte di Daniela: "Mi contattò lui dicendo che Daniela si stava comportando male e che era ricaduta nel tunnel della droga a causa dell'ex compagno indiano. Mi disse che le aveva dato uno schiaffo e che si era pentito del gesto fatto". Rispondendo alle domande del piemme Roberto Fontana, la donna ha risposto senza esitazione: "Non ho alcun dubbio che Rizzotto mi telefonasse dicendomi quelle cose perché era geloso. Se avesse mai manifestato l'idea di suicidarsi? Lo escludo nella maniera più categorica. Aveva tanti difetti, ma come hanno sempre confermato anche le persone che la conoscevano, non sarebbe mai arrivata a uccidersi".
Nel corso dell'udienza è stato letto anche il biglietto che Daniela scrisse di proprio pugno l'11 giugno ai familiari dello zio venuto a mancare una settimana prima del delitto. Un biglietto carico di sentimenti per quello zio che amava tanto. L'imputato ha rilasciato spontanee dichiarazioni ricordando all'aula di aver telefonato almeno un paio di volte alla madre di Daniela per dirle che in una circostanza aveva chiamato l'ambulanza perché Daniela si era sentita male e, nella seconda circostanza, quando la sorprese "con l'ex fidanzato indiano dietro un supermercato dopo aver consumato dello stupefacente".
Nel corso del processo è stata ascoltata anche una delle sorelle minori di Daniela, la quale ha spiegato che i rapporti tra di loro erano pressoché nulli. La Corte si è poi riservata sulla richiesta della procura di fare un secondo accesso nell'appartamento di via Illica, ancora sotto sequestro, per approfondire una serie di misurazioni nella stanza da letto da dove poi Daniela cadde.